Volontariato e non autosufficienza

di Giacomo Panizza
Convol – Roma, 2015, pp 37

Il testo riassume le esperienze del volontariato calabrese che assiste persone non autosufficienti, sia anziane che giovani. La non autosufficienza, accanto ai temi della povertà e delle disuguaglianze, rappresenta una delle tematiche nodali del presente e del futuro delle persone più fragili della società. Esse vengono in maggior parte escluse dalla vita civile e poste in carico ai famigliari, sovente alle “donne di casa”. In Italia stiamo vivendo una stagione nella quale alcune precise deliberazioni nazionali e regionali finalmente mettono a tema questa condizione umana, sperimentando un nuovo welfare con interventi che vanno anche al di là dell’impiego di mere collaborazioni domestiche, ad esempio le cosiddette “badanti”. Si vanno aprendo spazi possibili per dare ruolo ai famigliari, o care giver, e anche al volontariato sociale il quale è pertanto chiamato ad abilitarsi al meglio a sostenere relazioni di prossimità e di aiuto efficaci. Riguardo a ciò, la Calabria tiene nel suo curriculum progetti sperimentali innovativi, quali: il servizio di “Aiuto alla persona” e il servizio “Abitare in autonomia”.

Lectio Magistralis, Autori di politiche sociali e di processi di cambiamento in Calabria

di Giacomo Panizza
Àlogon, n. 99-100, 2015, pp 36

Il numero monotematico di Àlogon pubblica la Lectio magistralis tenuta il 2 dicembre 2015 all’Università della Calabria in occasione del conferimento della Laurea magistrale ad honorem in Scienze della politiche e dei servizi sociali. Offre un resoconto delle attenzioni che hanno caratterizzato la Comunità Progetto Sud nello sforzo educativo e formativo rivolto ai suoi componenti, per accompagnarli a passare da meri fruitori di prestazioni assistenziali ad autori di politiche sociali e di processi di cambiamento per il bene e il benessere della propria vita e anche di quella degli altri.
Queste attenzioni sono riassumibili nei tre impegni di: rendere visibili i volti e i temi dell’emarginazione e della povertà sia agli emarginati e ai poveri, ma anche alla società, ai politici e amministratori pubblici; dare dignità culturale e scientifica alla solidarietà e al lavoro sociale; ricomprendere il sociale come un bene comune che richiede partecipazione attiva e creativa da parte di tutti, anche di coloro che vengono considerati “fasce deboli”.

Giustizia, antimafia e bene comune

di Giacomo Panizza
Edizioni Liberedizioni, 2015, pp 82

Ogni società non può e non deve trascurare l’educazione, tantomeno la legalità e il bene comune. Sono aspetti inscindibili della persona, della famiglia, della società e della polis, della mondialità. L’educazione alla legalità e al bene comune non possiamo nemmeno delegarla alle parrocchie o alle scuole, alla sola famiglia o agli esperti. Soprattutto faremmo un grosso errore se pensiamo di affidarla ai soli tribunali e allo Stato. Non andremmo da nessuna parte, perché i giudici per mestiere intervengono solo dopo una denuncia; non possono prevenire, essi agiscono dopo che la frittate è già fatta, quando i buoi sono scappati dalla stalla. Tenerlo presente è saggio: educare è umano, è intelligente, è etico. Educarci è responsabilizzarci. Non si scappa; addirittura è anche conveniente. Si tratta di idealità e di esperienze per le quali vale la pena metterci la vita.

Cattivi maestri. La sfida educativa alla pedagogia mafiosa

di Giacomo Panizza
Edizioni Dehoniane Bologna, 2017, pp 120

In molti luoghi del nostro Paese la mentalità mafiosa si insinua nel modo di pensare comune. È la mentalità dei boss, delle donne di mafia e dei giovani arruolati dalle cosche, ma anche quella che si respira nelle relazioni, nelle parole e nei silenzi delle città. Piegate al raggiungimento degli scopi criminali dei clan, le regole «educative» criminali si impongono nelle comunità locali e insegnano la prepotenza, riproducono modalità rigide e ripetitive di comportamenti sociali – come la riscossione del pizzo –, mostrano che chi apprende, dopo essere stato messo alla prova, viene sottomesso dal clan che gli preclude un futuro diverso. L’educazione dei giovani criminali, allenati a collocare in secondo piano i sentimenti e l’amicizia, avviene sul campo, anche attraverso le condanne, pure feroci, di coloro che sbagliano, dimostrazioni lampanti che uno sparuto gruppo di persone riesce ad «ammaestrare» interi quartieri e intere città. Una vera e propria «pedagogia mafiosa» che si può contrastare solo con un’educazione alternativa. Questa (mala) educazione si deve e si può sfidare e capovolgere.

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Abstract delle pubblicazioni di Giacomo Panizza

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La mafia sul collo

La mafia sul collo

Panizza G., La mafia sul collo, Edizioni Dehoniane Bologna 2014, pp. 146

La legalità, banco di prova della credibilità della cultura di un popolo e della sua Chiesa, è un nuovo nome della carità. Dalle regioni del Sud le mafie hanno accresciuto la loro influenza anche nel resto del Paese e in molti luoghi del mondo mandando in frantumi la coesione sociale, provocando l’impoverimento materiale e spirituale dei territori, lasciando una scia di sangue e di povertà. “È difficile per qualsiasi prete vivere in Calabria senza incontrarle, senza doverci fare i conti, senza denunciarle in qualche predica o inserirle miratamente nella catechesi”.
Le frasi vigorose pronunciate contro i mafiosi da Giovanni Paolo II e da papa Francesco e gli omicidi di don Pino Puglisi a Palermo e di don Peppe Diana a Casal di Principe ribadiscono un’urgenza non più rinviabile: vincere l’indifferenza e la paura educando all’onestà e alla trasparenza. Un compito che chiede alla società di organizzarsi con pratiche attive della legalità e alla Chiesa di sperimentare interventi corali e una pastorale adeguata.
Edizione Dehoniane 

 


 

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Scintilla AT20. Il buio dell’Aids. La scoperta di Arnaldo Caruso

Scintilla AT20. Il buio dell’Aids. La scoperta di Arnaldo Caruso

PANIZZA G., Non ci tremeranno più le gambe, in Baldino R., Scintilla AT20. Il buio dell’Aids. La scoperta di Arnaldo Caruso, pp. 7-13, 2014

“Ti racconto io l’aids, la vita fragile, la morte e il riscatto, le sconfitte e le battaglie vinte”. Mi viene da riassumere così i toccanti passaggi di parole e silenzi coi quali dei giovani mi trasmettevano il loro modo di sentirsi il virus nell’intimo e di con-vivere e con-morire con l’aids addosso. Le scommesse sul futuro e sui sogni, come quelle sul senso della vita nel troppo poco tempo di ogni vita, catalizzavano i discorsi che mi accompagnavano durante la stagione dell’aids per come, negli anni ottanta e novanta, le paranoie della malattia venivano percepite in Italia dalle persone colpite dal virus hiv.
Falco Editore 

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Preti asini, in “Gli Asini”

Preti asini

PANIZZA G., in “Gli Asini”, luglio-ottobre 2014, n. 22/23, pp. 99-104

Certo, preti non si nasce, e io non so dire quando lo si diventi. Mi consola il fatto che in diversi eventi della vita mi ci trovo dentro in pieno: sia nelle celebrazioni religiose, come ad esempio quando mi rendo conto che un messaggio della predica del Vangelo viene compreso da qualcuno; sia nelle attività sociali, come quando una persona si persuade della legalità e quindi denuncia il mafioso, oppure quando un giovane decide di impegnarsi ad aiutare chi si trova nel bisogno. Se t’accorgi che c’è di mezzo una vocazione, senti come se la tua vita futura esistesse già, dentro di te, anche se non hai ancora le parole per dirtelo. Fare il prete non è un mestiere ricercato. Piuttosto, dovrai sentirti “ricercato” tu. Dovrai arrangiarti, in ultima analisi, a prendere consapevolezza di ciò che sta accadendo alla tua vita.
Gli Asini 

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Dove eravamo

           Dove eravamo. Vent’anni dopo Capaci e via D’Amelio
AA.VV., a cura di Perna M., Caracò Editore, Napoli, 2012

   
A vent’anni dagli attentati di Capaci e via D’Amelio, il libro prova a raccontare quei giorni drammatici attraverso la testimonianza di chi li ha vissuti. Non solo familiari, magistrati, giornalisti, poliziotti, persone all’epoca già in prima linea nella lotta alle mafie, ma anche donne e uomini che, a partire dal quei giorni, hanno iniziato, ognuno nel proprio ambito, a combatterle.  
Nel testo anche un capitolo scritto da Giacomo Panizza, dal titolo “La lezione del ’92: dallo smarrimento alla sfida di libertà e solidarietà”, in cui scrive: “Finalmente il quadro mi era chiaro. La mafia non è una realtà criminale qualsiasi che si organizza per rubarci o estorcerci dei beni materiali, essa al contempo ci espropria dei beni spirituali quali le libertà civili, i diritti di cittadinanza e l’inviolabile dignità umana. Dunque bisognava muoversi, far parlare quel momento storico drammatico attraverso di noi, attraverso le persone, la società e una Repubblica meglio preparate“.
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equilibristi

Equilibristi. Lavorare nel sociale

Equilibristi. Lavorare nel sociale

PANIZZA G., Economia, contesti, ambiente. Nuove prospettive di lavoro sociale, in AA. VV. Equilibristi. Lavorare nel sociale, 2015, pp. 111-132

Il lavoro sociale sarebbe da valorizzare, da elogiare non da stroncare. È utile e strategico. Contiene ampie prospettive. Raggiunge i suoi scopi non solo e non tanto in quanto può risolvere casi critici di singoli e disagi delle collettività. Parliamo di un lavoro che socializza davvero quando opera nei luoghi di vita della gente in generale – in quelli poveri come in quelli ricchi, in quelli salubri e in quelli malati, in quelli saccheggiati del loro capitale umano e in quelli rigenerati – al fine di rinforzare la società con competenze pratiche e di senso e rendere le comunità più coese e vivibili. Per le persone non c’è niente di più deleterio di una società asociale, chiusa e ostile perfino ai “suoi”. Si tratta di pensare sociale, coinvolgendo più soggetti ‒ sociali e istituzionali, civili ed economici – a impegnarsi a costruire comunità più aperte e accoglienti. Infatti, costruire tutto questo è parte essenziale del lavoro sociale.
Edizioni Gruppo Abele, Torino