Calabria: i politici come ostacolo

di Giacomo Panizza
In attesa di vincere le “regionali”
Il pacchetto delle schede elettorali utilizzate nelle scorse elezioni europee, provinciali e comunali, è stato percepito come un banco di prova per le prossime elezioni regionali e politiche. In Calabria dalla tornata elettorale il Centro-sinistra è uscito inebriato di ottimismo ma a secco di voti. “Stavolta vinciamo!”, rimbalza sulle bocche dei vogliosi di entrare nel prossimo governo regionale. Quattro province su cinque sono del Centro-sinistra, ma l’Ente regione è del Centro-destra. La vittoria agognata è l’unico discorso che si riesca a intavolare, l’unico “contenuto” che aleggia ma che avvita su se stesso il dibattito politico, come se la crisi della Casa delle Libertà consentisse di saltare a pie’ pari scelte e programmi coerenti alle forze del Centro-sinistra.
La sicumera di vincere agita la compagine di Centro-sinistra che, come morsa dalla tarantola, si dimena sorvolando di riflettere sul “che fare” per la crescita di questa Calabria, e sulla necessità di cambiare rotta imprimendo innovazioni emancipative a una regione soggiogata in condizioni di “dipendenza assistita” (e tra poco nemmeno dipendente perché non più assistita).
Le competizioni elettorali che stabiliscono il presidente della Giunta regionale calabrese e la sua squadra sono altamente coinvolgenti: più che quelle europee e nazionali e provinciali; più che quelle che si svolgono per eleggere i sindaci dei piccoli comuni (poco meno di quattrocento) e delle città (poco più di una decina), che pure provocano moti di esultanza e rancori. Alle “regionali” il surriscaldamento è garantito, e le elezioni previste nella primavera 2005 già sconquassano e mobilitano i nomi da bruciare e quelli da candidare.
Ciò che viceversa non viene messo in campo da entrambi i “poli” è quali siano le scelte politiche che dovrebbero fare da fondamento e da coagulo dei soggetti attori e autori del futuro della regione.

Un agone giocato dai partiti ma anche dagli elettori
I “numeri” che i partiti muovono in Calabria sono noti. Alle “Europee 2004” il Centro-destra ha incassato il 5% di voti in più del Centro-sinistra (49,2% contro 44,4%). La novità rispetto al passato è rappresentata dal calo netto di Forza Italia, che qui si è letteralmente dimezzata scendendo dal 25,7% al 13%. Anche il “listone” ha perso peso nel Centro-sinistra, ed entrambi hanno visto i propri voti travasarsi negli altri partiti dei rispettivi poli. Le 29 liste in campo hanno raccolto consensi ripartiti, in cui si nota chiaramente che l’elettore si è spostato scheda per scheda a seconda se votava per le Europee o per le provinciali oppure per le comunali, in una frammentazione consapevole che stavolta ha premiato i piccoli UDC e Nuovo PSI.
In filigrana, dalla lettura dei dati sulle forze in campo si può a buona ragione ritenere che l’agone politico viene giocato dai partiti ma anche dagli elettori.
Nel complesso dei dati si può anche leggere che, vista dalla Calabria, l’Unione Europea appare come un’idea sbiadita. In una regione in cui l’ISTAT ci dice che il reddito pro capite è meno della metà di quello delle altre regioni ci si sente cittadini dimezzati, più fratelli e somiglianti ai Paesi nuovi entrati nella UE che alle regioni italiane. Persino la cittadinanza italiana viene percepita improbabile, figuriamoci sentirsi cittadini e cittadine europei!
L’euroscetticismo non si basa sui motivi riscontrabili altrove. Le annose questioni sociali irrisolte mantengono debole la Calabria e non lasciano intravedere chance possibili. Oggi addirittura si combatte per rimettere la Calabria al centro di una questione meridionale che sta per venire scippata dai Paesi dell’Est Europeo. Una guerra tra poveri sottaciuta dalle compagini politiche che non si arrischiano a dichiarare di poter/voler tirar fuori la Calabria dall’Obiettivo 1 dell’UE. Destra e Sinistra hanno tenuto le mani sui rubinetti delle lire ieri e degli euro oggi di Bruxelles per esiti analoghi, dimostrando entrambe l’identica volontà di crogiolarsi nell’ambiguità di mantenere la regione in stato di bisogno di sovvenzioni — controllate da loro – piuttosto che operare per collocarla sui binari dell’autopromozione. I soldi UE a disposizione sono stati e sono ancora molti, moltissimi: ma sono (in)coscientemente male programmati, sottoutilizzati e talvolta pure restituiti nella cinica volontà dei politici di fregarsene delle iniziative con finalità “pubblica” e di crescita del territorio, legandosi a loro volta a doppio filo al meccanismo perverso del denaro pubblico circolante in misura e senso continuamente calanti.
Ma i nodi pesanti della politica calabrese sono anche quelli in cui la politica non mette in campo il suo potere e le sue responsabilità. Sono “peccati” di omissione.
L’imprenditore che vuole investire si ritrova da solo, anche contro la ‘ndrangheta che esige il pizzo e amministratori e/o burocrati che vogliono la tangente.
Chi vuole migliorare la sanità trova i partiti assenti. La sanità calabrese non è mai stata davvero riformata o razionalizzata o pianificata, nonostante negli ultimi cinque lustri abbia sperimentato a rotazione il governo di tutte le formazioni partitiche.
Chi ragiona sul ponte sullo Stretto, al rimodernamento della A3, al potenziamento del porto di Gioia Tauro, ad un progetto per l’Antimafia, a chiedere lumi sui silenzi delle collusioni della ‘ndrangheta con la politica, al racket e l’usura… o chi vuol sapere i motivi della stagnazione della macchina della giustizia, dei tribunali privi di personale e di mezzi… o chi vuol tentare di lanciare l’agricoltura, il turismo, l’artigianato, l’edilizia, la formazione delle professionalità da mettere in campo… scopre l’assenza abissale dei politici. Sui veri nodi dello sviluppo locale, sui problemacci della povertà e della disoccupazione più drammatiche d’Italia, i politici li trovi sempre altrove.
Fortunatamente i partiti non muovono tutti i numeri: nel trend di astensionismo la Calabria è risultata seconda solo alla Sicilia. In questo astensionismo si può leggere in positivo anche il dato di un elettorato non incerto ma consapevole di votare per chi vuole e per dove vuole; e si può rinvenire un elettorato che si rifiuta di votare personaggi sgraditi, nemmeno “turandosi il naso”.
Si può riscontrare la volontà di elettori e elettrici che si oppongono alle indicazioni dei partiti oppure le ignorano (esempio eclatante è rappresentato dal candidato locale di AN alle Europee Umberto Pirilli, il quale ha surclassato di voti il candidato imposto dal livello centrale del suo stesso partito; oppure il caso di un candidato del PRC, Vittorio Agnoletto, che ha notevolmente disturbato il nominativo “bloccato” dal partito).
È cresciuta un’area di cittadini e cittadine con aspettative di una politica governata dai soggetti vitali del territorio che non siano corrotti, né identificabili nella massoneria o nei clan della ‘ndrangheta.
Da quest’area – situata non a destra, un po’ centrista e sicuramente non organica alla sinistra (e nemmeno confondibile coi “girotondi” e dintorni) – in un contesto di conta dei voti a pareggio come quello calabrese, il Centro-sinistra è interpellato. Ignorarla o sottovalutarla, produrrà un esito uguale a quello delle ultime due votazioni regionali in cui molti componenti di quest’area hanno preferito non votare per una brutta squadra di politicanti priva di programmi convincenti. Ritengo che il Centro-sinistra più che il Centro-destra possa dialogare efficacemente con queste realtà, sia per motivi storici e ideologici che per i temi di co-interesse sociali e glocali, seppur rimanga aperto lo spinoso tema della democrazia (scontato per i gruppi, non risolto dai partiti).

“0,2%”: una micropercentuale di intelligenza politica o di banale furberia
La macchina organizzativa politico-elettorale viene gestita capillarmente dai simulacri dei partiti ovvero dai clan, dalle “famiglie” e da gruppi che non rappresentano gli interessi della polis, e fra una competizione elettorale e l’altra si dispongono in stato di cellule dormienti in attesa di risvegliarsi all’occorrenza alle successive elezioni.
Ora che si è aperta la corsa alle “regionali” si proietta con maggiore evidenza l’ombra di una regione bloccata a causa dei partiti e dei politici in campo, incapacitati di far fronte alle domande di futuro di cui la Calabria ha vitale bisogno. I numeri delle precedenti regionali risultarono patti, metà e metà, con la beffarda vittoria allo 0,2% del Centro-destra (47,5%) e la sconfitta del Centro-sinistra provocata anche dalle lungaggini che hanno poi portato alla candidatura last minute di Nuccio Fava (47,3%).
Uno 0,2% che fa scattare la rincorsa per accaparrarsi qualche pedina o partitino o gruppetto che accetti lo scambio “voti-favori” bastante a superare il labile margine della differenza numerica, evitando di toccare poteri, politiche e contenuti. Ma le sacche di disperazione diffuse sul territorio regionale non hanno bisogno di una politica debole per i deboli.
In un quadro di sostanziale pareggio ciascun gruppo, associazione o clan assume un forte peso, e i partiti grandi o piccoli diventano sensibili alla determinante manciata dei voti disponibili. Uno 0,2% di scarto è una tentazione forte cui partiti non sanno sempre resistere per colmarlo a poco costo, e nemmeno la società civile. Figuriamoci la massoneria e la ‘ndrangheta!
Sui problemi causati dalle connivenze politica-mafia, le sezioni locali dei partiti vengono richiamate e persino commissariate. Ma taluni personaggi politici non dipendono dal livello nazionale. Accanto a coloro che possono raccogliere voti attraverso il partito locale solo se avallati da Roma, vi sono anche coloro che i voti li hanno in proprio, di “famiglia”.
Il livello nazionale interviene anche imponendo segreterie di partito e personaggi da far votare. Il partito più allineato a Roma è sicuramente, nel bene e nel male, quello dei DS. Eclatante è stata l’imposizione di Nuccio Jovine pochi anni fa. Eclatante per i DS locali trovarselo calato dall’alto nel ruolo di segretario regionale, ma eclatante anche — se non per l’ARCI di cui era dirigente — per il Forum del Terzo Settore di cui era il Portavoce nazionale.
La Calabria dispone di forze intellettuali e sociali che dai partiti hanno subito anche delusioni, ma non per questo si sono arrese al compito di un rilancio della politica. Però chiedono un rinnovamento del ceto politico. Sono realtà dinamiche e propositive non disposte a fornire alibi alle logiche predatorie di una politica sconsiderata, agita reagita controagita ciecamente, mera occupazione di spazi di potere con la logica della “mors tua vita mea”.
Sono realtà economiche, civili, sociali e culturali più vicine al sentire e ai bisogni dei calabresi di quanto lo siano i dirigenti dei partiti. Sta loro stretto venire rappresentate da certi personaggi, ma ciononostante non hanno la forza di sostituirli né di imporre mutamenti di programmi politici. Tra i partiti, AN e i DS notano meglio di altri queste realtà, specie se sono di impegno sociale. Discorso a parte andrebbe fatto per i partiti di remota ispirazione cattolica i quali sui temi di interesse di queste realtà, come la giustizia, la pace e la solidarietà, sono lontani sia dalla ispirazione che dalla tradizione ecclesiale.
Un’iniziativa di questi giorni estivi rende l’idea dello stato della questione. I Rettori dell’Università della Calabria di Arcavacata e dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, insieme a docenti, sindacalisti, noti intellettuali, rappresentanti di associazioni, si sono autoconvocati preoccupati del fatto che il Centro-sinistra stia mirando a vincere le prossime elezioni regionali senza pre-occuparsi di sfornare un programma politico per affrontare i problemi annosi in cui versa la Calabria. Ne è emersa una diffusa preoccupazione sulla situazione in cui si trova la regione, il suo declino produttivo ed economico, il degrado sociale e morale, il dissesto ambientale e territoriale, ma in particolare è emersa la preoccupazione dell’ostacolo persistentemente rappresentato dal ceto politico di governo e di opposizione.
Si rimane in attesa della prossima mossa che farà la politica; ancora ci deve pensare su…

marzo 2005