TV2000. Nel cuore dei giorni. Intervista del giornalista Maurizio Di Schino a Don Giacomo Panizza
Giornalista Maurizio: Oggi a “Nel cuore dei giorni” sfoglieremo un libro molto, ma molto bello, quello che ci fa scoprire una Calabria non conosciuta. Ed è una Calabria nella quale vive da 35 anni una persona che ha fatto un’immigrazione al contrario: da Brescia al Sud, passando per altre città del centro Italia. Questa persona è un sacerdote che ha voluto depositare nel suo ultimo libro il racconto della sua Calabria.
Benvenuto Don Giacomo Panizza.
Don Giacomo: Grazie.
Giornalista Maurizio: il libro di cui vi parlo è scritto con Goffredo Fofi, hai risposto alle domande di Goffredo Fofi, questo è il titolo “Qui ho conosciuto Purgatorio, Inferno e Paradiso”, prefazione di Roberto Saviano, per la Serie Bianca-Feltrinelli. Poi c’è un sotto titolo: “la storia del prete che ha sfidato la ndrangheta” e tutto questo l’ha fatto un prete venuto dal Nord. Allora Don Giacomo, “Qui ho conosciuto Purgatorio, Inferno e Paradiso”, perché questo titolo?
Don Giacomo: perché di solito si tratta della Calabria sui mass media , ma anche nell’immaginario collettivo, come di un inferno, e l’inferno in Calabria c’è. Ma credo che ci sia un po’ dappertutto nel mondo …
Giornalista Maurizio: ma non c’è solo l’inferno
Don Giacomo: certo però in Calabria c’è un inferno particolare che lì dal libro, ma anche dalle cose che si sanno, è la ’ndrangheta dentro il territorio e in ciò che la ndrangheta riesce a catturare “dentro” le persone. Perché la ndrangheta è fatta di famiglie che vivono d’inferno; non sono all’inferno, il tempo della conversione ce l’hanno, però vivono già l’inferno perché vivere in famiglie di ’ndrangheta vuol dire vivere di violenza, vuol dire educare i piccoli alla violenza, vuol dire educare, mantenere, costringere tutto il circuito della famiglia all’interno di un sistema di violenza. Cioè, chi per caso nasce in quella famiglia, nasce già in un inferno, per dire dantescamente: una zona brutta, tremenda, disumanizzante, dove ti è difficile uscire, diciamo impossibile, quasi impossibile. Dopo, però, il titolo ha anche la parola purgatorio, perché la Calabria è molto purgatorio, più che inferno, cioè …
Giornalista Maurizio: tanto per seguire il linguaggio dantesco.
Don Giacomo: sì, proprio in senso dantesco. Cioè il purgatorio è una zona dalla quale si può uscire; dal purgatorio se ti ci metti, se qualcuno ti aiuta, puoi uscirne, ecco. La Calabria è fatta anche di tante zone pesanti, difficili, ma ci puoi trovare persone che non vogliono precipitare, vogliono invece avanzare, vogliono uscirne, anche se con tanta difficoltà. Invece, poi, c’è anche la parola paradiso. Per paradiso io non intendo le cose belle che ci sono, perché ce ne sono di cose belle, il mare è davvero bello le isole davanti sono davvero belle e ci sono canali, cascatelle, cioè anche le nostre montagne sono belle, anche quando si chiamano Aspromonte sono belle …
Giornalista Maurizio: Mi piace che tu dica le nostre montagne, le nostre, parli della Calabria di una cosa anche tua.
Don Giacomo: mi sarò “contaminato”, non lo so… Allora, il punto qual è, anche perché ci giro parecchio con i parrocchiani, anche coi giovani, cioè mi piace stare con la gente nella natura e così via. Però, per paradiso non intendo la natura, io per paradiso intendo quella gente di Calabria che anche nella difficoltà fa tutto per i figli, fa tutto per gli amici, fa tutto per la giustizia, si butta via per la legalità, si dà da fare per cambiare la politica: ecco, per paradiso intendo le persone che qui sulla terra vogliono bene agli altri e alla Calabria.
Giornalista Maurizio: e tra queste persone ci sono anche quelle che tu definisci le minoranze etiche attive, come quelle con cui stai condividendo questi ultimi 35 anni, dal ’76 quando sei arrivato a Lamezia Terme, e a questo punto c’è da dire, Don Giacomo Panizza, è co-direttore della Caritas di Lamezia Terme e poi parroco di quante parrocchie?
Don Giacomo: no, è una Parrocchia, ma di otto frazioni sparse sulla Sila piccola.
Giornalista Maurizio: quindi è un percorso che tu hai costruito con, ecco, ripetiamo le minoranze etiche attive, una bella espressione.
Don Giacomo: si, perché l’ho discussa tanto con l’intervistatore, con Goffredo Fofi, il quale sostanzialmente mi domanda: “ come, tu fai parte di una minoranza etica e stai in una Chiesa che ha una maggioranza esagerata?!”. E io lì spiegai il mio punto di vista: che in Calabria, dalla Chiesa di Brescia, alla Chiesa di Fermo, alla Chiesa di Calabria che mi ha accolto per fare delle attività in piccolo, in piccolo con persone in carrozzina dapprima, aggiungendo poi con le persone sieropositive, malate di Aids, poi con le ragazze nubili madri, poi con i minori del carcere, poi con i rom… cioè nel senso che ho operato e opero in Calabria con raggruppamenti di queste persone, che fanno minoranza etica, cioè insieme comprendiamo alcuni valori, alcuni principi, alcuni doveri e cerchiamo di realizzarli. Allora, che ne so, in Calabria sentivo dire “hai mai visto uno zingaro lavorare?”, come dire che gli zingari non lavoreranno mai. Ecco, con alcuni zingari ho aperto una cooperativa a facciamo la raccolta differenziata “porta a porta” a Lamezia Terme. È che con alcune minoranze ritenute inferiori, ritenute incapaci, a me è capitato di fare delle cose con loro e non su di loro – anche perché non ci riesco – ma assieme abbiamo messo su tante attività, tante iniziative utili a riempire una vita umana.
Giornalista Maurizio: ecco qui voglio arrivare. Tu Don Giacomo con altre persone ti definisci il co-fondatore della “Comunità Progetto Sud” che prende piede nel 1976. E questa comunità diventa una comunità di comunità, un gruppo di gruppi, ed è un cammino fatto di disabili che gli stessi familiari nascondevano in casa o che altri magari relegavano o nei manicomi o nelle case, nei cameroni dove stipavano le persone disabili. Invece con la “Comunità Progetto Sud “comincia un cammino del tutto nuovo per i disabili in Calabria.
Don Giacomo: e questa è stata un’operazione di Chiesa, cioè, siccome mi avevano imprestato per 5 anni io nella logica di 5 anni mi sono detto “in che cosa posso aiutarli a fare in 5 anni? Io potrei fare tantissime cose trovando chi mi aiuta, però loro dopo 5 anni rimarrebbero da aiutare. Allora i primi anni li ho giocati a fare in modo che loro potessero fare a meno di me. Così, già nel secondo anno questo gruppo di persone con disabilità aveva già fondato una cooperativa con i minori del carcere minorile, cioè avevano già imparato a fare e ad aiutare altri. Ecco, la modalità di Chiesa del prestito di un prete mi ha costretto a ragionare sull’aiutarli a rendersi indipendenti, a fare a meno di me che ero stato mandato là per aiutarli, e forse questo mi ha aiutato a capire che questo era il metodo da riutilizzare. Perciò tra chiese, che continuano a prestarmi perché poi c’è stata la Caritas diocesana da fondare, ci sono state altre cose di chiesa da portare avanti, eccetera, il punto qual è? Che l’operazione mi ha portato a seminare piantine che stanno in piedi da sole.
Giornalista Maurizio: questo è molto bello. E proprio con questa condivisione con le minoranze etiche, perché mi piace chiamarle così, di cui tu ti senti parte, a un certo punto tu racconti in questo libro “Qui ho conosciuto Purgatorio, Inferno e Paradiso”, hai pestato i piedi alla ndrangheta, in particolare al clan Torcasio, di Lamezia Terme, quando ad un certo punto la “Comunità Progetto Sud” ha detto sì a prendere in gestione un bene confiscato a una ‘ndrina, quella dei Torcasio , ma da quel “sì” però poi è cominciato un cammino doloroso per te e per altri della Comunità, Don Giacomo.
Don Giacomo: da quel “sì” poi mi hanno imposto il programma di protezione, perciò la Procura, la Prefettura, insomma, il Governo , la Polizia …
Giornalista Maurizio: sei stato più volte minacciato più volte anche davanti alla Polizia, quindi c’è stato un processo, sono stati condannati …
Don Giacomo: si, però il punto base qual era? Era che a Lamezia Terme le case confiscate il Governo le dava al Comune, ma il Comune, qualsiasi colore del Comune, non le dava mai a nessuno. E noi allora per principio, come Comunità, come gruppi di gruppi, avevamo chiesto una casa per principio, non quella casa, ma una casa confiscata qualsiasi. Però dopo, quando il Consiglio Comunale è stato sciolto due volte per infiltrazioni mafiose, il Governo è venuto a presidiare l’ente locale, e vedendo la nostra lettera, mi hanno chiamato e mi hanno detto “ci stiamo a fare in modo che le case confiscate di Lamezia vengano utilizzate? Io ho detto “ma certo, abbiamo scritto una lettera “ che il Prefetto aveva visto, e ha ribattuto “certo, è per questo che ho chiamato lei”. In quell’incontro è stato proprio il rappresentante del Governo a proporre “prendiamo la più difficile, cominciamo con quella più difficile, invece che con quella più facile”.
Giornalista Maurizio: la fai facile, ma c’erano altri che avevano rifiutato, gli stessi vigili urbani hanno detto “no, noi lì non ci andiamo”. Andare in quella casa voleva dire entrare nel covo dei Torcasio. Invece voi no, voi ci siete andati …
Don Giacomo: perché le case offerte ai senza tetto, offerte agli sfrattati, offerte ai rom che vivono in un ghetto, offerte ai vigili urbani eccetera, ci sono stati tutti rifiuti, i vigili urbani stessi hanno minacciato lo sciopero, e dopo queste cose hanno chiamato me, e cos’è successo? Che quando sono andato con il Prefetto a visitare la casa, toh! ci abitavano dentro: cioè, la casa era stata confiscata anni prima, il Comune aveva le chiavi – e infatti noi siamo andati con le chiavi, abbiamo aperto – ma quelli ci abitavano dentro. Questo per dire le modalità della legalità pubblica in Calabria: il comune di Lamezia Terme non verificava le case confiscate, specie quelle rischiose. La nostra iniziativa è stata una collaborazione tra il Governo e noi del terzo settore, è stata una bella collaborazione, perché, è vero, io vivo anche con parecchia paura, però credo che quella operazione sia stata un bel regalo che la gente in carrozzina ha fatto a Lamezia Terme, mentre i giovani forti, i vigili urbani, avevano detto di no. Invece qui sono state le minoranze etiche, cioè non le minoranze e punto, ma le minoranze di persone, molte con disabilità varie, che hanno acquisito dei valori umani e civili…
Giornalista Maurizio: vediamo l’elenco delle realtà che hanno sede in questo palazzo, perché lo leggo dal libro a pagina 100: Sportello informativo per l’handicap, il riferimento regionale di “banca etica”, la Casa Famiglia dopo di noi, la sede di Disabled Peoples International, il Gruppo R-Evolution Legalità, la Cooperativa Le Agricole, la Sede della Fish Calabria, tutte queste han trovato un tetto, sono lì dentro …
Don Giacomo: Sì, ma il libro è di Marzo, e da luglio in quel palazzo di 4 piani con 2 appartamenti a piano – lì c’è anche “Luna Rossa”. Quando ci sono stati gli ultimi sbarchi di migranti africani io sono stato contento che dal Governo mi abbiano telefonato, dicendomi “Don Giacomo, potete accogliere i minori non accompagnati che arrivano in questi mesi dal Nord Africa, che continuano a sbarcare e dobbiamo trovare dove metterli? Io sono stato contento di ricevere direttamente una proposta così, e sono soprattutto contento che questo governo si sia diretto a una nuova modalità di accoglienza degli stranieri. Lì abbiamo nove immigrati africani che abitano due di quegli appartamenti: “Luna Rossa è da aggiungere all’elenco che hai letto.
Giornalista Maurizio: Don Giacomo, questo è il frutto di questo tuo “cammino al contrario” rispetto ai tanti migranti che dal Sud prendono la strada del Nord; invece tu da Brescia sei passato da Fermo alla Comunità di Capodarco, e poi sei arrivato in Calabria, A 14 anni già operaio in una fabbrica, poi a cottimo perché ti dovevi sostenere agli studi e lì, in quell’ambiente bresciano hai maturato la scelta di diventare prete, contro corrente quando nessuno se l’aspettava che cos’è che …
Don Giacomo: … neanche io me l’aspettavo …
Giornalista Maurizio: che cos’è che ti ha attratto del sacerdozio?
Don Giacomo: non so, allora non mi ha attratto niente del sacerdozio, allora mi è venuto in testa “tu fai il prete io faccio il prete”. Ho fatto un mese con la fidanzata a dirmi e a dire “io devo provare questa cosa”. Allora il parroco mi ha accompagnato in seminario dicendo “questo giovane vuole studiare in seminario”; ma non ha potuto garantire, perché io non ero nel giro della Chiesa. E in altre parole il seminario è stato, si può dire d’oro? Cioè, non è che si è fidato di me, ma mi ha lasciato fare, mi ha fatto fare tutti gli studi e mi ha lasciato vivere tutte le esperienze che volevo. Dovendo trasferirmi lì a Brescia, mi sono collegato con un amico che aveva la fidanzata prostituta che stava con le sue amiche prostitute, perciò io stavo in quel giro lì, ma non era un’attività pastorale, io studiavo in seminario e stavo anche lì. Quando poi han capito che forse avevo davvero la vocazione, o che ne so, mi hanno proposto di lasciare quel giro e di darmi da fare o con gli handicappati – si usava dire così allora -, o con gli anziani, o con gli ammalati. Io ho risposto: “a me va bene tutto”, perché probabilmente avevo qualcosa dentro che mi ci portava. Infatti, laddove incontravo delle alternative, tra il fare il prete o altre cose, oppure no, io lasciavo tutto e seguivo la strada di fare il prete, ero tranquillissimo e pian piano mi si è disegnata un’idea di prete in testa, che ne so: tra tante modalità belle dell’esser prete, ecco, me ne uscivano sempre una due tre belle, delle perle adatte a me.
Giornalista Maurizio: leggo proprio dal libro “la mia storia mi ha portato tardi ad accorgermi che si può trovare spiritualità nell’amore e amore nella spiritualità, che essere prete ti fa prossimo a tanti uomini e donne compresi i nemici, un groviglio di vocazione e passione”. Come stai abbracciando i nemici in Calabria, quelli che non ti hanno voluto bene in tutti i sensi?
Don Giacomo: Ti dirò. Quando hanno ucciso uno di questi che mi hanno minacciato, un pregiudicato con due ergastoli, pluriomicida, io mi sono detto “ma guarda te!” cioè parlando tra me e me, mi son detto “guarda, questo doveva uccidere me, e adesso hanno ucciso lui”. Oppure anche quando hanno portato una bomba in casa del clan e non è scoppiata, questi attentatori di un altro clan di ’ndrangheta sono rientrati a sparare e a uccidere e ferire questi che mi minacciavano. Tutte queste cose ti lasciano così, quel pezzo di Vangelo che ho dentro di me, mi dice davvero che siamo fratelli e sorelle. Oppure quando n quella casa confiscata ho trovato …
Giornalista Maurizio: l’album di fotografie
Don Giacomo: l’album di fotografie di un matrimonio e un giocattolo, lasciati quando si sono dovuti spostare nella casa vicina perché quella confiscata mica potevano abitarla …, ecco io glieli ho portati. Da come li ho visti e ci siamo incrociati, mi è sembrato – si può dire? – di leggerci la bontà. Insomma, io faccio il prete e leggo le cose a modo mio, però nell’area criminale mi sembra di vedere anche la bontà.
Giornalista Maurizio: Don Giacomo siamo alla chiusura. Il 9 Ottobre Papa Benedetto XIV verrà a Lamezia Terme, ecco: quale Calabria consegnerete nelle sue mani quel giorno?
Don Giacomo: Innanzitutto una Calabria che lo sta aspettando, perché abbiamo dovuto cambiare il luogo dell’incontro perché si stanno prenotando a centinaia e migliaia, però troverà davvero purgatorio, inferno, paradiso. Troverà davvero le luci e le ombre della Chiesa, e troverà una Calabria con più cristiani di ieri che l’aspettano per mettere in pratica le ultime encicliche che ha fatto, che sono molto belle.
Giornalista Maurizio: grazie Don Giacomo Panizza autore di “Qui ho conosciuto Purgatorio, Inferno e Paradiso”- La storia del prete che ha sfidato la ndrangheta. Grazie: Arrivederci Don Giacomo e buona attesa del Papa.
Don Giacomo: Grazie a voi.