Il Terzo Settore e la Città

Welfare, amministrazione condivisa, economia sociale. Sussidiarietà orizzontale e innovazione nei processi di adattamento ai cambiamenti sociali e culturali. Nuove urgenze: giovani, popolazione che invecchia e servizi socio-sanitari. Dialogo e analisi di bisogni. Ma anche buone prassi e co-progettazione che funziona e dimostra risultati.

Per seguire quel filo che Calvino ha trasportato nell’ immaginario de “Le città invisibili” dove ogni città si confronta con i suoi abitanti, con sé stessa e con le proprie aspirazioni, il Forum del Terzo Settore del Lametino e del Reventino ha chiesto e parlato alla Città e ai Candidati alla vigilia delle elezioni che tra primo turno e ballottaggio hanno eletto, lo scorso 10 giugno Mario Murone nuovo Sindaco di Lamezia Terme.

Angela Regio (in foto), socia dell’Associazione Comunità Progetto Sud e Portavoce del Forum del terzo settore del lametino e del Reventino, ha messo sul tavolo temi cruciali non solo per la vita dei molti in condizione di fragilità, ma per un’intera collettività che se cresce, cresce insieme.

Quali sono le considerazioni e le sollecitazioni sociali alla politica della terza città della Calabria?  

«La sollecitazione più importante che abbiamo voluto lanciare ai politici della nostra città è stata quella di sottolineare, come Terzo settore organizzato nel Forum, che intendiamo far valere il nostro diritto/dovere alla partecipazione attiva nelle scelte degli indirizzi politici che si intendono compiere per l’intero territorio lametino. È il principio della sussidiarietà orizzontale al quale non intendiamo abdicare perché: siamo Enti del terzo settore(ETS) che perseguono, “senza scopo di lucro, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”; abbiamo come precipua finalità quella di “promuovere e realizzare attività di interesse generale”; ci adoperiamo nel creare legami di fiducia tra le persone e di generare coesione e capitale sociale; ci impegniamo per uno sviluppo economico e sociale più inclusivo e sostenibile attraverso: il rispondere con innovazione ai bisogni e alle problematiche sociali; lo sperimentare soluzioni sociali nuove ed efficaci; l’adattarsi ai cambiamenti con creatività. Tutto questo il Terzo settore lo fa mettendosi a disposizione e affianco alle istituzioni e al territorio generando un forte impatto economico, sociale ed occupazionale per la crescita dei territori e del nostro paese. Stiamo scommettendo, insomma, sulla capacità degli ETS di unirsi e collaborare per lo sviluppo complessivo dei territori al di là del proprio interesse specifico: questa è la strada per arrivare davvero ad incidere in un contesto sociale ed essere riconosciuti e credibili. Le difficoltà, però, per arrivare a questo sono molteplici e riguardano soprattutto l’appiattimento e la subordinazione che tanti ETS continuano ad avere nei confronti della Pubblica Amministrazione e della politica: per la propria autoconservazione si disperde il senso del sentirsi pienamente cittadini e cittadine, capaci cioè di essere parte attiva del vivere sociale e quindi anche di proporre e anticipare soluzioni efficaci per il buon vivere comune».

Quali sono le urgenze che necessitano di confronto e programmazione?

«Da qualche anno piovono nei Comuni tanti e diversi fondi: dal PNNR ai FNA (Fondi per la non autosufficienza); da quelli per Agenda urbana a quelli per la riqualificazione dei territori più disagiati e cosa si fa? Spesso si fanno tornare indietro i fondi solo perché non ci sono all’interno delle amministrazioni comunali dirigenti competenti, motivati e qualificati che li intercettano e, dall’altra parte, i politici sono distratti da altro e non comprendono come invece l’attivare queste possibilità può diventare volano per un reale sviluppo territoriale. È su tutte le tematiche sociali che vi è la necessità di confrontarsi per programmare insieme le linee di intervento, uscendo dalla logica che un ente del terzo settore sia solo quello al quale affidare in ultima analisi la mera gestione di alcuni progetti senza valutarne l’effettivo impatto ed efficacia».

Amministrazione Condivisa: quali i modelli di collaborazione tra l’amministrazione comunale e le organizzazioni del Terzo Settore per la gestione condivisa di beni comuni e servizi di interesse generale?

«L’amministrazione condivisa vuol dire coinvolgere in modo attivo gli Enti del Terzo Settore nella programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di interesse generale. Per attivarla concretamente è contemplato dalle leggi il procedimento della co-programmazione, che è finalizzata all’individuazione dei bisogni da soddisfare, degli interventi necessari, delle modalità di realizzazione e delle risorse disponibili: questo è a tutti gli effetti un procedimento amministrativo formalmente riconosciuto che si conclude con un documento condiviso. Ad essa segue la co-progettazione di specifici progetti di servizio o di intervento. Quindi vuol dire sedersi intorno ad un tavolo non per “spartire” fondi e attività tra le parti, ma per confrontarsi su ciò che occorre realmente ad un territorio e solo dopo individuare i criteri per l’eventuale partecipazione ai bandi e le modalità di rendicontazione non solo economica ma soprattutto di impatto. Per questo come Forum del lametino abbiamo chiesto espressamente all’amministrazione precedente e anche ai candidati a sindaco, di adoperarsi a stendere uno specifico regolamento, per altro già in uso in molti comuni d’Italia, che orienti, sul piano giuridico, queste forme di confronto, condivisione e co-realizzazione di interventi, servizi e attività di interesse generale».

Siamo difronte ad un’assenza di dati, ma i bisogni rilevati sono presenti: come arrivare a delle analisi realistiche sulle esigenze specifiche dei diversi quartieri e frazioni di Lamezia Terme, con l’obiettivo di individuare soluzioni concrete e sostenibili?

«Alcune leggi, tra le quali la 328/2000 e quella regionale 23/2003, hanno previsto un interessante strumento di partecipazione che sono i tavoli per l’analisi, la costruzione e la verifica del Piano di zona per il sistema di interventi e servizi sociali. A questi tavoli dovrebbero partecipare le ETS e le organizzazioni sociali che lavorano già in tanti settori quali i servizi di cura, la cultura, lo sport, etc. e le associazioni di tutela dei diritti delle persone. Il compito dei tavoli è proprio quello di mettere insieme le conoscenze che si hanno sul campo dei vari fenomeni e nei diversi territori. Questo permette l’acquisizione di quei dati altrimenti poco rilevati, che servono poi per programmare interventi di sistema e non facili soluzioni “spot” che durano poco e non incidono sul cambiamento reale. Per questo abbiamo chiesto e chiediamo che i tavoli per il piano di zona divengano permanenti affinché ci sia un continuo scambio di informazioni e collaborazioni tra gli enti e la Pubblica Amministrazione».

Quale la politica per la promozione di modelli di sviluppo economico che valorizzino l’impatto sociale e ambientale?

«Questa è la domanda che abbiamo rivolto ai candidati a sindaco e per la quale abbiamo ricevuto in risposta i dépliant con il loro programma elettorale dove c’è tanto ma manca, come al solito, una visione. Noi crediamo che sia possibile uno sviluppo economico rispettoso dell’ambiente e con grande impatto sociale. La domanda è: chi sarà chiamato a governare avrà l’orizzonte limitato della propria vita o si proietterà a disegnare un futuro vivibile per le nuove generazioni?»