Asmae Dachan a Lamezia Terme: un’occasione per trovare le parole

di Maria Pia Tucci

«L’accoglienza non è aprire una porta e far entrare qualcuno e poi dimenticarsene. L’accoglienza è davvero aprire la mente, il cuore, le braccia a un’esperienza di vita nuova e fare insieme un cammino. Mi ha colpito l’umanità delle persone che ho incontrato e allo stesso tempo la tenacia».

Se potessimo parlare per sintesi, questa dichiarazione di Asmae Dachan potrebbe bastare per ispirare nuovi incontri capaci di lasciare in eredità il pensiero del come fare e ad interrogarsi sul perché la narrazione dell’accoglienza migrante continui ad avere – come dice ancora Asmae Dachan- «sempre toni emergenziali. E non si entra mai o raramente, nell’approfondimento invece di quello che sono le storie, di quello che sono le relazioni umane che poi nascono dall’incontro tra chi arriva e chi accoglie».

asmae formazione

Il 5 e 6 maggio scorsi, a Lamezia Terme la giornalista e scrittrice italo-siriana Asmae Dachan, ha incontrato operatori, studenti e cittadini. L’Interrogarsi sul ruolo delle narrazioni in contesti di conflitto e migrazione come primo passo per restituire voce e dignità alle storie umane, è stata la riflessione di partenza per la due giorni di confronto, formazione e cittadinanza promossa dai progetti SAI Ordinario Lamezia Terme “Due Soli”, SAI Minori stranieri non accompagnati Lamezia Terme “Luna Rossa” e “Terre Sorelle” di Miglierina, in collaborazione con il Movimento “Umanità in Ricerca”.

Come ha vissuto l’esperienza di Lamezia Terme?

«A Lamezia Terme ho conosciuto una realtà di cui avevo sentito parlare ma mai incontra da vicino. Vivere l’esperienza è stato molto più emozionante, molto più coinvolgente che il solo sentirne parlare. L’esperienza a Lamezia Terme, l’incontro con gli operatori e con i giovani beneficiari del progetto di accoglienza è stata particolarmente toccante. Sono stata anche colpita dalla diversità delle professionalità coinvolte nell’accoglienza. Ogni persona, ogni specialista apporta un contributo importante per rendere la permanenza delle persone richiedenti asilo, delle persone che si lasciano alle spalle storie drammatiche, più piacevole, più serene, più costruttive possibile. Si tratta di minori, di persone vittime di tratta, di persone in fuga da guerre, da povertà, di persone che hanno delle fragilità importanti e quindi avere degli occhi, delle mani, dei cuori dedicati a loro è sicuramente fondamentale».

Cosa porta con sé di questa esperienza?«Ho visto un gruppo di persone lottare. Lottare contro la criminalità organizzata, lottare contro le ingiustizie, lottare contro l’abbandono, questo vuol dire mettersi controcorrente rispetto alla storia, soprattutto in questo particolare periodo storico dove si criminalizza chi cerca di fare qualcosa. L’amore per il bene è persino una parola che spesso viene confusa con buonismo come se fosse una parola dispregiativa, offensiva. Credo che queste realtà possano essere un laboratorio da prendere come riferimento, come modello e da replicare altrove ».
Esiste dunque, una diversa narrazione. Da cosa partire?
« Sono grata agli operatori, agli amici che mi hanno invitata. Credo che anche una diversa sinergia tra gli organi di informazione e gli operatori che sono sul campo possa favorire a cambiare la tendenza, a invertire questa narrazione che è sempre allarmistica. E dare uno spiraglio su quelle che sono tutte le opportunità dal punto di vista umano, della conoscenza che l’incontro con l’altro e l’accoglienza con l’altro offre».
asmae dachan

Due giorni e con tre linguaggi diversi per abbracciare e farsi abbracciare da un pubblico trasversale: gli operatori specializzati, gli studenti e le studentesse del Liceo Scientifico “Galileo Galilei” e del Polo Tecnico professionale Rambaldi – De Fazio e un incontro pubblico al Chiostro di San Domenico, è stata questa l’esperienza con Asmae Dachan a Lamezia Terme. Un’opportunità di incontro e dialogo che potrebbe essere una traccia per un laboratorio permanente.