Bambini e bambine uguali nel diritto all’istruzione, anche i rom italiani
di Giacomo Panizza
A Lamezia Terme è già cominciata la dispersione scolastica. I piccoli rom sono rimasti a casa, al campo di Scordovillo. Fino a quando durerà? Istituzioni democratiche e società: come noi sentiamo il problema dei bambini e delle bambine che perdiamo? Perché le Istituzioni competenti in materia non si sono mosse in tempo, sapendo che in settembre si aprivano le scuole dell’obbligo?
Il primo giorno di scuola in qualche plesso gli alunni di quinta si erano preparati a consegnare il testimone ai nuovi iscritti in prima elementare ma, ad esempio, come al IX Circolo di Lamezia Terme sei banchi riservati ai nuovi iscritti sono rimasti vuoti. Erano pronti per l’accoglienza di piccoli rom. Altrettanto è avvenuto anche in altri plessi scolastici.
La scuola dell’obbligo dei figli chiama in gioco la responsabilità dei genitori. Tocca a loro in primis, rom o gaggè, curare la scolarizzazione dei propri figli. A Lamezia Terme conosciamo benissimo la verità formale di questa legge sacrosanta, ma altrettanto bene sappiamo anche che i genitori dei moltissimi bambini e bambine rom del campo di Scordovillo non hanno mai frequentato a loro volta la scuola. È per questo che da anni qualcuno si è mosso, in una virtuosa collaborazione tra Comune, Scuole e terzo settore, con la finalità complessiva di accompagnare: i piccoli rom alla scuola di tutti, i genitori a capirne l’importanza, la cultura rom a non diffidare di culture forti differenti dalla loro, la cultura italiana a dialogare coi rom. Insomma, in seguito a una pluridecennale esperienza, in questo 2008, anno del dialogo interculturale promosso dal Consiglio d’Europa, pensavamo che fosse stata finalmente compresa la necessità della mediazione culturale, in presenza di una minoranza che teme la maggioranza e sottovaluta i benefici che la Repubblica offre a tutti, tra i quali l’istruzione. Sarà per questo che sul pullmino mandato dal Comune al “campo” per raccogliere gli alunni delle elementari e delle medie nessun bambino né bambina rom vi è salito?
Noi crediamo che debba continuare il servizio di mediazione culturale e sociale, senza interruzioni o ritardi, che causano cittadini di serie B. Occorre che qualcuno vada ancora al campo rom. E che le Istituzioni preposte prevedano in tempo questi servizi. Vi è il dovere degli Amministratori pubblici di farsi garanti dei diritti dei bambini. La Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia afferma che “il bambino ha il diritto all’istruzione” e che “la scuola deve essere obbligatoria e gratuita per tutti” (art. 28); sostiene che “ogni bambino ha il diritto di poter stare insieme agli altri” (art. 15); ribadisce che “il bambino che appartiene ad una minoranza ha il diritto di usare la sua lingua e di vivere secondo la sua cultura e la sua religione” (art. 30); ma soprattutto parla dei doveri degli amministratori delle istituzioni pubbliche, ricordando loro che “gli interessi del bambino devono essere considerati per primi in tutte le decisioni che lo riguardano” (art. 2). Il terzo settore si incanala su questi principi e articoli legislativi di alta civiltà, evitando di sostituire chi di dovere e rifiutandosi di dare àlibi ad alcuno.
Affinché a questa prima settimana di dispersione scolastica non ne seguano altre, i gruppi, le associazioni e le cooperative sociali del Cnca Calabria, hanno pensato di lanciare questo allarme-scuola per i piccoli rom, in accordo con alcuni loro genitori. Siamo confortati dall’esperienza che il dialogo interculturale, l’istruzione scolastica, le iniziative extrascolastiche, coi rom di Lamezia Terme e non solo con loro, sapranno ancora offrire risultati efficaci in preparazione all’inclusione sociale, al lavoro, alla pratica dei diritti e dei doveri di cittadinanza.
Lamezia Terme, 21 settembre 2008
Don Giacomo Panizza