Scelta di vita. L’Esperienza Erasmus+: “Choix2vie”, un viaggio verso l’autodeterminazione
di Maria Pia Tucci
Il progetto Choix2vie è nato grazie alla piattaforma europea EPALE: la parola chiave è stata collaborazione. Collaborazione tra diverse organizzazioni europee che lavorano nel sociale, tutte motivate dall’ obiettivo di approfondire la riflessione sull’autodeterminazione delle persone con disabilità.
Il focus è stato l’autonomia abitativa e il partenariato, guidato Collectif T’Cap e Villa Pilifs, ha visto la partecipazione de l’Association Marie Moreau, e Sapha, Enti e Associazioni di rilievo in Francia e Belgio e partner per l’Italia la Comunità Progetto Sud.
Michela Vottari, progettista e operatrice della Scuola del Sociale della Comunità Progetto Sud, racconta: «Le due associazioni – avevano postato un annuncio per ricercare un partner proveniente da un ulteriore Paese europeo per arricchire la loro riflessione, iniziata nel 2017, sull’ autodeterminazione delle persone con disabilità, con particolare attenzione all’ autonomia abitativa».
Come e perché si è deciso di attivare un Erasmus+?
«Dopo un primo incontro conoscitivo è stato subito evidente che tutte le organizzazioni coinvolte avevano una lunga esperienza da condividere e che una contaminazione e una riflessione comune sul tema dell’autodeterminazione avrebbe permesso al partenariato di accrescere le competenze dei tre Paesi europei coinvolti. Per partire si è scelto, insieme, di optare per un progetto Erasmus di piccola scala della durata di un anno, tempo nel quale lo scambio di buone pratiche e la conoscenza dei differenti contesti, politiche sociali e sanitarie, welfare e culture di Italia, Francia e Belgio potessero darci risultati comparabili e trasferibili anche agli altri Paesi membri dell’ Unione».
Nello specifico. l’esperienza Erasmus+ a Nantes e Saint-Nazaire, si è rivelata significativa perché?
«L’esperienza a Nantes Saint-Nazaire si è rivelata significativa innanzitutto perché è stata la prima occasione in cui tutti i partecipanti al progetto si sono incontrati e hanno potuto lavorare insieme, conoscersi, scambiare opinioni e fare delle riflessioni sul tema dell’autodeterminazione. Inoltre, questa esperienza in mobilità, ci ha permesso di conoscere alcune buone pratiche di autonomia abitativa delle persone con disabilità in Francia e confrontarle con il nostro contesto locale e nazionale.
L’esperienza è stata significativa anche perché il gruppo di noi partecipanti italiani, tutti dell’Associazione Comunità Progetto Sud, era molto eterogeneo: Elvira Benincasa, coordinatrice del Dopo di Noi, Aurelia Adamo, coordinatrice dell’Altra casa, Domenico Esposito, terapista della riabilitazione psichiatrica presso il Centro di Riabilitazione, Claudia Donato, educatrice nel progetto “Mi ritorni in Mente” dedicato alla salute mentale, io, che faccio parte della Scuola del Sociale, e due dei nostri beneficiari: Gabriela e Mario. Un viaggio fatto di apprendimenti importanti che ci ha permesso di vivere esperienze significative anche al nostro interno, che si sono rivelate particolarmente ricche sia professionalmente che umanamente».
Quali nuove competenze sono nate da questo studio e confronto internazionale?
«Prima di tutto abbiamo toccato con mano la differenza tra autodeterminazione e indipendenza. Gli strumenti e le strategie messe in pratica dai partner francesi e da altre organizzazioni locali per incoraggiare l’autonomia abitativa delle persone con disabilità. Un esempio importante di come gli spazi e i luoghi all’ interno dei centri abitati siano facilitatori della vita indipendente: punto di forza del welfare francese che incoraggia anche così l’autonomia delle persone con disabilità, così come le esperienze di “condominio sociale” che, sempre in Francia sono una realtà consolidata.
Il dialogo allargato inoltre, ha favorito il confronto su argomenti, diciamo “periferici” rispetto al progetto ma fondamentali per le dinamiche di vita delle persone con disabilità: l’inserimento a scuola, l’inclusione lavorativa, la vita affettiva, relazionale e sessuale.
La formazione è stata intervallata da momenti teorici e momenti pratici, durante i quali abbiamo avuto l’opportunità di visitare e conoscere esperienze di vita indipendente, ponendo domande direttamente alle persone con disabilità e agli operatori, per comprendere il funzionamento, l’organizzazione e anche la gestione economica delle attività presentate».
Da queste esperienze che mettono in mobilità gli adulti e le esperienze del welfare, secondo lei e secondo il gruppo (se ne avete avuto modo di confrontarvi), si percepisce un’Europa che lavora con un obiettivo comune?
«L’esperienza sul campo ci ha dimostrato che, anche se con strumenti, strategie, metodologie e welfare diversi, le organizzazioni partner lavorano tutte per raggiungere gli stessi obiettivi. Inoltre, la curiosità e l’interesse di discutere insieme e di comprendere i punti in comune e le differenze tra i tre Paesi ha dimostrato come in Europa esista una forte voglia di collaborare, che si basa sull’ idea che lasciarsi contaminare e interrogare dalle dinamiche che accomunano o differenziano i Paesi può fornire un supporto anche ai contesti Europei non direttamente coinvolti nei progetto, in un’ottica di reale Unione tra gli Stati membri».
Se dovesse fare un parallelo con le nostre realtà, verrebbe da dire che…
«Abbiamo riflettuto assieme su questo e ci siamo detti che grazie a Choix2vie e agli apprendimenti acquisiti abbiamo rafforzato l’idea, che è anche alla base della Comunità Progetto Sud, di continuare a lottare con forza per il riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità. Siamo rimasti molto colpiti nel comprendere come il welfare francese, ad esempio, supporti le persone con disabilità e, in generale, l’interna popolazione attraverso aiuti e sussidi economici che permettano di sviluppare concretamente un’autonomia economica che incoraggia l’autodeterminazione. Questo garantisce alle persone con disabilità la possibilità di costruire la loro vita indipendente perché non sono obbligate a dipendere economicamente dalle famiglie o dalle strutture.
Anche i genitori incontrati si sono rivelati molto sereni nel vivere la disabilità dei propri figli e competenti nei diritti perché gli strumenti a disposizione hanno garantito esperienze di vita indipendente ben riuscite. Abbiamo visto genitori non in ansia per il “dopo di loro”.
Ma certamente anche noi, abbiamo potuto raccontare, con consapevolezza, che in Italia c’è una competenza che, con determinazione e nonostante grandi difficoltà, lavora per l’autonomia delle persone con disabilità».