opera cancello

Per Maria Chindamo un’opera simbolo di impegno collettivo

di Maria Pia Tucci

Dal 2006, il 6 maggio, è diventata una data di memoria e lotta alla ‘ndrangheta. Una giornata simbolica che, nel nome di Maria Chindamo, uccisa dalla ‘ndrangheta, mobilita cittadini e cittadine, Istituzioni e organizzazioni sociali.

La presenza in contrada Montalto di Limbadi, Vibo Valentia, denota un impegno che si fa presenza e cura di una porzione di terra che rischiava di diventare simbolo di assenza dello Stato e di indifferenza collettiva.

La sparizione di Maria Chindamo è invece, oggi, a nove anni dal suo omicidio, un parlare ad alta voce e il megafono è una rete ampia di partenariato sociale informale, di cui fa parte anche Comunità Progetto Sud.

Illuminiamo noi le terre di Maria è il progetto guidato da Crisi Come Opportunità, che fa seguito a Controlliamo noi le terre di Maria, ed è sposato, nella partecipazione, da: Caritas Diocesana Locri-Gerace, Associazione “Il Samaritano”, Associazione Don Milani, Istituto Penale per Minorenni di Catanzaro, Comunità Progetto Sud, GOEL – Gruppo Cooperativo, Calabria che Cambia, Centro Studi Milly Villa – UNICAL, Fondazione “Una, nessuna, centomila”, Licei e istituti scolastici del territorio del Vibonese, Libera – Presidio di Vibo Valentia, Penelope, Agape, i Comuni di Limbadi e di Rombiolo sono invece i partner istituzionali.

E poi c’è il contributo che resta a simbolo: quello delle arti. Quest’anno, durate la cerimonia del 6 maggio numerose testimonianze si sono intrecciate al reading teatrale di “Se dicessimo la verità” di Giulia Minoli ed Emanuela Giordano, che racconta la storia di Maria Chindamo, della cantastorie Francesca Prestia che ha composto e cantato Maria e dell’installazione dell’Opera – Cancello di Luigi Camarilla, realizzata nelle Officine Paolo Scerbo e illuminata da Artemide. Un processo partecipativo al quale hanno contribuito gli studenti dell’Istituto Itg, Iti e Ite di Vibo Valentia.

Quel cancello ascensionale per Maria Chindamo, nato dalla operosa mente creativa dell’artista siciliano Luigi Camarilla, rimane lì, al centro del giardino e, tra gli uliveti, racconta la trasformazione della materia che diventa messaggio per tutti e tutte.

«Il mio è un viaggio tra sentimento delle origini e impegno civile», ama dire l’artista Camarilla, quando si parla del suo percorso da artista. Di come è nata quest’opera per Maria Chindamo e di quanto l’arte materica può farsi messaggio sociale, ne abbiamo chiesto direttamente a lui.

al lavoro 2Il ruolo sociale dell’arte: un messaggio per parlare a chi? « Non so se la Bellezza salverà il mondo, penso che quella incarnata nell’Arte possa penetrare nell’immaginario dell’osservatore, nel suo universo emotivo, e da lì farsi pensiero, riflessione. Viviamo in una civiltà distratta dai valori: l’Arte, quando è sociale, ha semplicemente il ruolo di sollecitare le coscienze, di richiamare ai valori migliori sulle quali si sono fondate le civiltà. È legittimo che ognuno abbia il diritto di intendere l’arte e il suo ruolo secondo la propria visione. La mia convinzione è che ogni espressione creativa sia innanzitutto salvezza personale per chi la pratica.  Credo sia stato così in ogni epoca».                                                                    Cosa intende per salvezza?
«Per salvezza intendo una condizione interiore che predispone a poter reggere il peso della propria vicenda umana, solo in piccola parte ribilanciata dalle gioie che ad ogni destino in qualche misura sono riservate. Ma chiunque ai nostri giorni abbia fatto di un’espressione artistica il proprio mestiere, secondo me, farebbe bene a guardare con profondità le vicende umane altrui, per poter contribuire ai dibattitti delle società civili del nostro tempo con al centro la condizione dell’umanità contemporanea».

Com’è nato il concept dell’Opera Cancello per Maria Chindamo?

«Quando con Vincenzo Chindamo andai a fare il primo sopralluogo dove sua sorella Maria fu rapita dalla ‘ndrangheta e già lì probabilmente uccisa, mi trovai davanti agli occhi il vecchio cancello di ingresso alla sua terra, arrugginito, con uno striscione appeso sopra che mostrava la foto di Maria sorridente.   Lo guardavo, lo toccavo, era lo stesso che lei stava aprendo per entrare con la sua auto, l’ultima cosa che probabilmente aveva toccato, il testimone materico di quanto era accaduto.

Nei giorni precedenti mi ero posto il problema di quale materiale avrei potuto usare. La mia materia prediletta fino a quel momento era stato il legno delle barche dei pescatori siciliani e dei migranti.

Il limite di questa materia è di non durare a lungo per le intemperie, e la scultura avrebbe dovuto essere collocata in esterno, tra il cancello e la strada. Inoltre, proprio a causa di tale limite che avevo patito nei miei lavori, da tempo coltivavo l’aspirazione di usare il ferro, pur conoscendo poco le sue proprietà.

Lì davanti, mentre Vincenzo mi parlava, l’effetto di ciò che rimuginavo da giorni e la suggestione tattile che mi dava il cancello in quel momento, fulmineamente si saldarono e gli dissi: questo cancello lo trasformeremo e diventerà la scultura che parlerà di Maria!

Immaginai di far sostituire il cancello con uno nuovo, anonimo. Metà di quello vecchio, così com’era con le sue ruggini lo avrei posizionato al centro della scultura come un “testimone”, l’altra metà lo vedevo tagliato a fette, tanti elementi da curvare e unire in modo che componessero una spirale che ascendesse intorno e fin oltre l’altezza del “testimone”, elementi dipinti con colori vivaci. Quella forma colorata e dinamica, simbolicamente, poteva rappresentare la forza e il coraggio di quella parte sempre crescente della società civile che si impegna a combattere l’immobilismo che la cultura patriarcale e mafiosa vorrebbe imporre.

L’ho detto, conoscevo pochissimo la lavorabilità del ferro e così trovai, sempre in Calabria, le “Officine Paolo Scerbo” che, con competenze fuori dall’ordinario, ha costruito la grande spirale di ferro che durante i lavori è stata modificata per ragioni di statica rispetto al modellino che avevo realizzato».

inaugurazioneChe ruolo hanno oggi le installazioni d’artista?
«Quante saranno le persone che visitano musei e altri luoghi deputati a fruire arte?  Non è necessario ricorrere ai dati ufficiali per immaginare che si tratta solo di una parte di popolazione. Le installazioni -intese come opere d’arte tridimensionali che si relazionano allo spazio esterno di un contesto ambientale- sono visibili anche a chi non frequenta l’arte. È come se l’opera d’arte andasse a cercare le persone, e chissà mai che possa anche catturarne l’attenzione, far scaturire qualche emozione. Ricordo che durante la realizzazione della scultura nelle “Officine Paolo Scerbo”, un anziano meccanico di statura ancor più piccola della mia e pacioccone era venuto più volte. Tornò anche il giorno in cui il nostro lavoro fu terminato. Mi si avvicinò e disse che lui non capiva niente dell’arte ma una scultura così bella non ci poteva essere in tutta la Calabria. Quelle parole ovviamente non suscitavano vanità, perché probabilmente quel signore bonario, umile e curioso, non aveva mai visto i potenti Bronzi di Riace a un centinaio di chilometri da lì. Fui colpito piuttosto dal fatto che l’opera poteva aver attivato in lui chissà quale molla emotiva.

Già in passato, durante l’installazione del “Pellegrinaggio d’amore – dalla Passione alla Coscienza” lungo la monumentale Scalinata di Santa Maria del Monte a Caltagirone, era accaduto qualcosa di simile. A metà salita, davanti a una delle 32 stazioni -nella quale era rappresentata un’icona con la pala di ficodindia cuoriforme con tre frutti fiammanti in cima per evocare il Sacro Cuore- una vecchietta d’altri tempi, curva e minuta, si rivolse a me mentre accompagnavo dei visitatori. Timidamente, in siciliano mi disse: “Quella pala di ficodindia è come tutti noi”
Che altro aggiungere!»

Il Mediterraneo è al centro della sua ricerca artistica. Cos’è il Mediterraneo dentro e fuori Luigi Camarilla?
«L’immagine interiore del mio Mediterraneo non è di acqua e di sale, bensì qualcosa che somiglia piuttosto a una stratificazione di sedimenti biografici. Lo strato più profondo è l’infanzia vissuta in una Ortigia d’altri tempi, ancora con l’affollata presenza delle barche variopinte dei pescatori, con i giochi tra le pietre assolate di un passato favoloso che fu abitato dagli stessi Dei ed Eroi dei film mitologici che proiettavano all’oratorio, a fine anni Sessanta. Un‘esperienza che mi ha intriso di memoria struggente, come quella che emanano certi film di Tornatore. Dove sono nato c’è il mare, crescendo ho scoperto che quel mare fu culla delle civiltà. Da allora, dagli anni della mia formazione in poi, il sentimento delle origini ha generato l’attrazione per la mitologia classica e l’iconografia della spiritualità dei popoli mediterranei. Invece nel Tempo presente, ovvero con la maturità, ho sentito di voler esprimere, con la scultura, il mio pensiero su alcuni temi di interesse collettivo, di impegno sociale come quello dell’emergenza umanitaria dei migranti, del dialogo tra le culture, dell’affermazione della Pace come valore universale.

È questo il Mediterraneo che è fuori di me al quale guardo e che interpreto. Non è un caso che i miei lavori li materializzo -a parte alcune eccezioni come la scultura per Maria Chindamo- con i legni delle vecchie barche che hanno vissuto nel Nostro Mare, che hanno servito l’uomo e sono state ricambiate con amore, preservate con strati di vernice ricorrentemente negli anni. In quelle stratificazioni di tanti colori che cerco e faccio affiorare risiede la relazione tra l’uomo e la sua barca, ed è questo uno dei segni dello spirito antropologico che perseguo nella mia ricerca espressiva che oscilla tra sentimento delle origini e impegno civile».

Si ringrazia l’artista Luigi Camarilla per l’invio delle foto

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Il dono e la città. Don Giacomo Panizza presenta il suo ultimo libro a Catanzaro

Martedì 19 novembre 2024 | ore 18 | Sala Concerti | Palazzo del Comune  | Catanzaro

Dialogano con don Giacomo Panizza:

Nicola Fiorita, Sindaco di Catanzaro

Nunzio Belcaro, Assessore alle politiche sociali di Catanzaro

Isolina Mantelli, Centro Calabrese di solidarietà

Maria Pia Tucci, Giornalista

Sono previsti interventi dal pubblico e firma copia a margine della presentazione

Le associazioni di volontari non sono destinate a mettere cerotti improvvisati a pubbliche amministrazioni incuranti del welfare e dei diritti di chi ha più bisogno. I corpi intermedi della società non si aggregano per arginare le distrazioni o le malefatte della politica e del mercato. E costituiscono luoghi privilegiati non quando distribuiscono doni consolatori, ma se accompagnano le persone a mettere in moto la solidarietà, la condivisione e l’accoglienza, e quando generano e rigenerano fiducia negli abitanti di un territorio. Dal libro il dono e la città. Sul futuro del volontariato

Il libro, edito da Bibliotheka, uscito lo scorso aprile, è un’occasione per tracciare la storia della nascita del volontariato in Italia, le persone e i protagonisti una svolta sociale che hanno segnato e segnano, ancora oggi in molti territori, “un cerotto” alla mancanza di un welfare pubblico che sia capace di leggere bisogni e attuare azioni politico-sociali.

L’appuntamento di Catanzaro, il prossimo 19 novembre, mette intorno al tavolo il Sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita e l’Assessore alle Politche sociali, Nunzio Belcaro, Isolina Mantelli, Presidente del Centro Calabrese di solidarietà e Maria Pia Tucci, giornalista e ufficio stampa di Comunità Progetto Sud Ente presieduto da don Giacomo Panizza, che  dialogherà con tutti loro e con l’assemblea degli intervenuti che potranno intervenire con domande.

Scarica la locandina

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In compagnia di Maicol | 9 settembre ore 18.30 | Via Conforti

“Un diario, nel quale Emma Leone ha cercato di racchiudere, seppur solo in parte, alcuni momenti, forse i più significativi, della sua vita. Pagine di dolore e sofferenza, ma anche di tanta gioia e felicità e di scelte che l’hanno resa protagonista nel cambiamento non solo personale, ma soprattutto nel sociale. Pagine che raccolgono le sue emozioni e le sue riflessioni”.

“In compagnia di Maicol” è l’autobiografia di  una protagonista della nascita e della vita della Comunità Progetto Sud, dal 1975 ai nostri giorni. Il virgolettato in incipit è consegnato a tutte e tutti noi dal compagno di vita di Emma Leone, Beppe Rozzoni, parole che in poche battute fanno il riassunto e lanciano il messaggio del viaggio che Emma ci permette di fare con un testo elaborato e ricco di vita e che chiama chi lo legge a riflettere sul senso delle scelte.

Scelte che Emma ha compiuto per sé stessa e per garantire ad altri e altre il senso dei diritti e dei doveri delle persone con disabilità, il protagonismo collettivo dei ruoli che ognuno ha in una catena umana che produce sociale con il senso del fare.

Emma Leone e Beppe Rozzoni
Emma Leone e Beppe Rozzoni

Un estratto del libro, pubblicato come numero 121/122 edizione della rivista Alogon, può essere scaricato dal sito della Comunità Progetto Sud  ( Scarica cliccando qui )  e sarà presentato sotto il glicine di Via Conforti, casa madre della Comunità Progetto Sud, il prossimo lunedì 9 settembre 2024 ore 18.30. 

cps emmaleone in compagnia di maicol (sito web)

Una presentazione tutta al femminile, che farà focus sul sociale contemporaneo partendo proprio dalle pagine di “In compagnia di Maicol”; a discuterne: Marina Galati, psicologa e direttrice di Comunità Progetto Sud, Laura Corradi, sociologa e docente Unical,  Giorgia Gargano, docente e già assessore alla Cultura e Istruzione del Comune di Lamezia Terme, Maria Pia Tucci, giornalista e ufficio stampa di Comunità Progetto Sud.

Nell’intervista di Tiziana Bagnato, di qualche anno fa, un profilo di Emma Leone

lgo che impresa la scuola

“Che Impresa La Scuola!”: una visione innovativa che coinvolge i giovani nella comunità

di Maria Pia Tucci

Un nuovo percorso di comunità territoriale allargata ha preso il via nelle scorse settimane.

“Che impresa la scuola!”, (progetto a valere sulle risorse del PNRR – Missione 5) ha già coinvolto nella formazione i primi esperti e i giovani, ed è stata lanciata una campagna di offerta lavoro per esperti che guideranno alcune delle attività.
Un progetto della durata di diciotto mesi che riflette l’impegno a lungo termine per il successo e lo sviluppo sostenibile delle comunità e che vuole essere una risposta innovativa alle sfide educative e sociali, offrendo un approccio inclusivo e partecipativo.

L’obiettivo ambizioso è quello di promuovere il senso di appartenenza e la riscoperta del territorio tra gli adolescenti dei comuni di Decollatura e Soveria Mannelli.

Attraverso attività di animazione sociale e culturale, integrate con l’uso delle nuove tecnologie, si mira a coinvolgere attivamente i giovani, specialmente coloro a rischio di povertà educativa e dispersione scolastica.

Incontri settimanali, passeggiate storiche e rassegne cinematografiche aperte a tutta la cittadinanza, caratterizzano le attività progettuali, che verranno presentate nel seminario “Comunità educanti e giovani: un ponte tra generazioni”, del prossimo martedì 5 marzo, dalle ore 10:30 che si terrà nella sala dell’ IIS “L. Costanzo” di Decollatura.

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Nell’ occasione porteranno i saluti: Maria Francesca Amendola, dirigente IIS “L. Costanzo” Decollatura; Raffaella Perri, sindaco Decollatura e Michele Chiodo, sindaco Soveria Mannelli

Seguiranno gli interventi di Giacomo Panizza, Presidente Associazione Comunità Progetto Sud Onlus di Lamezia Terme e di Lorena Leone, referente per l’Associazione Comunità Progetto Sud Onlus di Lamezia Terme del Progetto “Che Impresa la Scuola!, Antonio Cavallaro, responsabile comunicazione esterna Rubbettino Editore e due studenti dell’ISS “L. Costanzo” di Decollatura. I lavori saranno moderati da Giorgio Marcello, Docente Università della Calabria, a lui sono affidate anche le conclusioni del seminario.

IL PROGETTO

Sono tre gli asset di sviluppo di Che impresa la scuola! e hanno come desinenza il futuro e come matrice: la conoscenza, il lavoro, il territorio, con l’obiettivo chiave di contrastare l’abbandono e la dispersione scolastica e promuovere il senso di appartenenza al proprio territorio, partendo da talenti e aspirazioni dei giovani.

Il partenariato, guidato dall’ Associazione Comunità Progetto Sud fa rete con l’Istituto di Istruzione Superiore “L. Costanzo” di Decollatura, la Cooperativa Sociale “Le Agricole” di Lamezia Terme e i Comuni di Decollatura e di Soveria Mannelli e vede la collaborazione delle  l’Associazioni Lyra, di Decollatura e DEDÀ di Soveria Mannelli. Le due cittadine del Reventino sono coinvolte a trecentosessanta gradi con il loro tessuto imprenditoriale, sociale e culturale.

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Inclusione: dal laboratorio al teatro “MAMMA, LI TURCHI!” Uno spettacolo di burattini e attori

Domenica 15 maggio 2022 ore 16| Teatro Grandinetti | Lamezia Terme

È arrivato a Lamezia Terme il progetto Insieme – Gli strumenti del teatro per l’inclusione sociale, progetto nazionale finanziato dal Ministero del Lavoro e  delle Politiche sociali in partenariato con Federazione Italiana Teatro Amatori (FITA). Un partenariato che si allarga e stipula sui territori ulteriori reti con il terzo settore per promuovere integrazione sociale ed educazione inclusiva e favorire il protagonismo di minori e giovani e che per la Calabria ha scelto di lavorare con la Comunità Progetto Sud e I Vacantusi.

Da ieri, tra le mura di sala Sintonia della Comunità Progetto Sud, dieci attori di teatro amatoriale calabrese messi a disposizione da I Vacantusi e dieci giovani utenti del Centro di Riabilitazione, due formatori della FITA e due tutor di Comunità Progetto Sud: Domenico Esposito e Paola Rozzoni, stanno lavorando insieme per la messa in scena di “Mamma, li Turchi!” Uno spettacolo di burattini e attori tutto da vedere al teatro Grandinetti di Lamezia Terme alle ore 16 di domani, domenica 15 maggio.  

 

locandina_mamma li turchi

Una full immersion con esperti, attori e operatori, che costruisce nuove relazioni, autonomia e presenza scenica.

«Ma non finisce qui – dice Annamaria Bavaro, referente per il Centro di Riabilitazione di Comunità Progetto Sud –. L’aspetto interessante e innovativo è la metodologia del lavoro: il rapporto uno a uno attore-ragazzo o ragazza e anche l’ approccio esterno che stiamo sperimentando». «Infatti – conclude la Bavaro – è la prima volta che ci affacciamo, tutti insieme, ad un laboratorio di teatro inclusivo realizzato con soggetti esterni alla nostra rete. Un modo altro e significativo per stare nel mondo».

Le ore di laboratorio aiuteranno i protagonisti a costruire, sviluppando ulteriori capacità anche manuali, anche alcuni oggetti di scena, completando così una visione che diventa scena reale e realizzabile di un legame forte tra il sé, la scena e l’ altro partecipando «a un rito collettivo in cui si riscopre una socialità positiva in ottica intergenerazionale e per una partecipazione attiva sulla scena della vita», come si legge nella sinossi del progetto.

Chi parte chi arriva chi sta

Iscrizioni. 18-20 gennaio 2019. Chi parte chi arriva chi sta

Chi parte chi arriva chi sta

Seminario a Lamezia Terme, 18-20 gennaio 2019

Organizzato da:
Rivista Gli Asini
Comunità Progetto Sud

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