cps 2024 febbraio copertina newsletter

Ponti

di Maria Pia Tucci

Il febbraio di Petali, la newsletter della Comunità Progetto Sud, arriva nelle nostre mail con  due parole che iniziano per “P”: una è un’immagine e scrive a colori su un lenzuolo PACE in tutte le lingue del mondo, l’altra è un segno grafico e scrive “PONTI“.

Due necessità in costruzione per le quali sono necessarie infrastrutture umane fatte di azioni e progettualità di comunità capaci di scavallare luoghi, dove i confini sono convenzioni geografiche, dove il diritto al movimento è incluso nel vivere di ogni persona.

La prima P, PACE, è l’immagine in copertina, uno scatto di Roberto Gatto, nostro responsabile dell’area dipendenze, fotografia dell’ l’iniziativa coordinata  da Pax Christi Lamezia Terme e che si è svolta lo scorso 24 febbraio. Data di piazze piene in ogni dove per ribadire a gran voce la richiesta di pace a due anni dall’inizio del conflitto Russia – Ucraina e che non dimentica di implorare la fine del massacro che sta avvenendo nella striscia di Gaza.

PONTI sono le storie e i percorsi di cui raccontiamo di questo febbraio trascorso: un nuovo progetto, l’esperienza Erasmus in Francia e il Servizio Civile Universale Internazionale in Grecia. Ponte è la collaborazione e l’amicizia di Marina Frigerio, etnopsicologa di origini italiane che vive e lavora in Svizzera ma che non può fare a meno di abitare la Comunità più volte l’anno e che firma l’articolo che apre la nostra newsletter.

Ci sono poi le nuove opportunità d’impiego, anch’esse ponte, questa volta per il mondo del lavoro e incentivo alla “restanza” per i professionisti del sociale e non solo.

Buona lettura!

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L’appello all’adesione: dal MEAN tre proposte all’Europa che partono anche dalla Calabria

Il lavoro del MEAN (MOVIMENTO EUROPEO DI AZIONE NON VIOLENTA) continua anche lontano dai riflettori, ma sempre vicino alle popolazioni colpite dalla guerra in Ucraina.

Un lavoro di presenza fisica e che non si ferma nelle proposte per la pace, che punta a  «coinvolgere la società civile pacifista da un dibattito polarizzato sull’opportunità o meno dell’invio delle armi per farle ritrovare l’indispensabile unità di intenti e d’azione necessaria al cammino di una pace giusta», come scritto nell’ ultimo documento condiviso dalle oltre 100 associazioni in tutta Italia che fanno parte del movimento.

La Comunità Progetto Sud è tra le realtà che hanno fondato il MEAN e Don Giacomo Panizza, in questo ultimo anno si è recato più volte in Ucraina insieme agli altri rappresentanti del Movimento, incontrando sul posto i civili organizzati in associazioni e le istituzioni politiche e religiose, come anche inviando medicinali, cibo e abiti, costruendo là un Peace Village e accogliendo profughi qui in Italia.

peace village mean brovary villaggio della pace a brovary
villaggio della pace a Brovary (foto dal profilo facebook MEAN)

Nei prossimi giorni una delegazione MEAN si recherà a Strasburgo a parlare ai gruppi europarlamentari, è stata perciò attivata una raccolta firme per l’istituzione dei corpi civili di pace con il bagaglio di tre proposte condivise.

E anche dalla Calabria parte l’appello del MEAN, a diffonderlo è lo stesso don Giacomo Panizza «Siamo davanti ad una nuova proposta condivisa e che vogliamo sia sottoscritta e compresa da più persone possibili, – dice Panizza – perché non cadiamo nella trappola dell’indifferenza davanti ad un conflitto che continua a minacciare il cuore dell’Europa e non solo».

La prima delle tre proposte è la convocazione al più presto di una “Conferenza Europea sui criteri per la istituzione e per la operatività dei Corpi Civili di Pace Europei” con protagonisti i costruttori di pace sia istituzionali che non governativi (come del resto era nelle intenzioni di Alex Langer) con esperienze significative sul campo.

La seconda: è rivolta al Governo italiano perché rilanci e ridefinisca il concetto di Corpi civili di Pace nel nostro Paese uscendo dalla sperimentazione infinita in cui li si è confinati dal 2014 ad oggi.

La terza proposta  è la convocazione di una “Marcia nonviolenta della fraternità e della pace” da farsi possibilmente entro l’estate 2023

L’adesione avviene tramite questo modulo di raccolta firme: Corpi Civili di Pace e la grande Marcia Nonviolenta!https://projectmean.it/istituire-i-corpi-civili-di-pace-europei/

 

mean leopoli _luca Daniele

LE TRE PROPOSTE NEL DETTAGLIO 

PRIMA PROPOSTA

La nostra prima proposta è la convocazione al più presto di una “Conferenza Europea sui criteri per la istituzione e per la operatività dei Corpi Civili di Pace Europei” con protagonisti i costruttori di pace sia istituzionali che non governativi (come del resto era nelle intenzioni di Alex Langer) con esperienze significative sul campo. Una conferenza promossa, in una città dell’Ucraina, da una Cabina di Regia formata da esponenti della società civile europea e presieduta da membri della società civile ucraina, alla quale gli esponenti delle istituzioni politiche a vari livelli sono invitati a partecipare prima di tutto come ascoltatori e poi come decisori, ovvero come interlocutori responsabili di risposte puntuali entro tempi definiti.

La scelta di un città ucraina come sede di un tale evento, così come la presidenza della iniziativa, sono anche simbolicamente un riconoscimento che con la propria lotta e la propria vita, questo popolo si è conquistato il titolo di primus inter pares nella famiglia europea e che nessun altro più di loro può esigere una svolta (o se si vuole una accelerazione) nella strutturazione del governo europeo, tale da renderlo sul serio portatore di una visione e di una strategia che assegni a questo continente il ruolo che, stante le tormentate lezioni della sua storia, gli spetta, e cioè quello di garante della gestione costruttiva di conflitti sia al proprio interno che a livello internazionale.

Aggiungiamo che la auspicabilità di una tale conferenza era già stata avanzata da ben due studi di fattibilità sui requisiti per il buon funzionamento dei CCPE, commissionati dalla Commissione Europea rispettivamente nel 2004 e 2005. Entrambe hanno sottolineato la centralità di professionisti “non statali”, reclutati da un gruppo dirigente che opera secondo procedure ad hoc, in grado di valorizzare i particolari punti di forza e di porre riparo alle specifiche criticità di ogni situazione di crisi nella sua unicità, e quindi con un approccio più di “animazione” di contesti di mutuo apprendimento che non di applicazione di piani predefiniti. Questa problematica è presente anche nel draft appena adottato dalla Commissione Esteri del Parlamento Europeo sulla “Implementazione della PCSD civile e altra assistenza civile dell’Ue in materia di sicurezza” che sarà all’ordine del giorno della seduta plenaria di maggio sottolineando che il progetto di CCPE dovrebbe costituire un ulteriore strumento a disposizione dell’Ue per un approccio integrato alla gestione civile delle crisi . Chiediamo al Consiglio di includere il progetto di CCPE nel nuovo Civilian CSDP Compact che sarà presentato a Maggio e al governo italiano, in particolare, di sostenere questa proposta.

Si tratta di osare pensare a livello europeo ad un organismo sulla gestione costruttiva dei conflitti come necessario complemento e pari dignità del corpo militare previsto dalla “Bussola” approvata dai ministri della difesa dei Paesi Ue nel marzo 2022 e che prevede entro il 2025 una forza di 5000 militari per il pronto intervento. Si tratta, per le istituzioni europee di riconoscere che come tutti i cambiamenti sistemici, anche questo, deve trovare fonte e impulso nelle dinamiche della società civile e in nuove forme di dialogo fra società civile e rappresentanze politiche.  

 

SECONDA PROPOSTA

La seconda proposta è rivolta al Governo italiano perché rilanci e ridefinisca il concetto di Corpi civili di Pace nel nostro Paese uscendo dalla sperimentazione infinita in cui li si è confinati dal 2014 ad oggi. Dal 2014 a 31 dicembre 2022, l’Italia ha speso 190 miliardi di euro in Spesa Militare ma non è riuscita a spendere 9 milioni per sperimentazione Corpi Civili di Pace.

 

TERZA PROPOSTA

La Terza proposta è la convocazione di una “Marcia nonviolenta della fraternità e della pace” da farsi possibilmente entro l’estate 2023 come manifestazione nonviolenta conclusiva della Conferenza di cui alla Proposta 1.

Siamo consapevoli, come pacifisti europei, di non avere nel nostro dna, e nella nostra storia secolare, un cammino di liberazione dalle oppressioni basato sull’ahimsa e sul satyagraha di natura orientale, ma sulla nostra capacità di reagire in armi ed in solidarietà.

Dalla rivoluzione francese alla liberazione dal nazifascimo l’Europa civile si è sempre distinta per la sua capacità di sovvertire con la forza degli ultimi e degli oppressi le posizioni degli oppressori, fino a costituire ordinamenti sociali ed istituzionali sempre più democratici, egalitari e liberali.

Siamo altresì consapevoli di trovarci di fronte all’inedito di dover esercitare, per la prima volta dai trattati di Roma che hanno istituito la CECA e la CEE, la nostra “coscienza atomica”, la coscienza di un pacifismo attivo che ha il compito di scongiurare con ogni forza del cuore e dell’intelletto l’autodistruzione del nostro continente per mano delle potenze nucleari, potenze che sono visibilmente in gioco nello scenario attuale del conflitto ucraino.

La marcia dovrà essere la dimostrazione plastica della coscienza atomica degli europei e dovrà essere capace di coinvolgere migliaia di cittadini provenienti da tutti i paesi europei e guidata dalla società civile ucraina che in questo primo anno di guerra si è distinta non solo per la resistenza in armi, ma anche e soprattutto per le tante e quotidiane forme della resistenza nonviolenta all’invasione della Federazione Russa.

Essa dovrà avvenire sulla scorta degli insegnamenti gandhiani, del pensiero laico pacifista europeo e degli insegnamenti della recente dottrina sociale della Chiesa Cattolica così come delle dottrine pacifiste di tutte le religioni presenti nella nostra casa comune .

Di fronte all’escalation atomica della guerra in corso, nel cuore dell’Europa, ed all’assenza contingente di un esercito europeo, così come di un dispositivo già funzionante di Corpo Civile Europeo, chiamiamo tutti i costruttori di pace a formare una vera e propria catena umana di donne e uomini che si tengano per mano, mettendo in gioco i propri corpi per annunciare con la nostra presenza nei pressi del fronte ucraino il messaggio più semplice di sempre: l’unità di destino della comune umanità fra i popoli e l’annuncio di una vittoria che sia fondata su un nuovo patto tra gli europei e non sia umiliazione per nessuno.

Troviamoci noi abitanti del pianeta per ripensare l’assetto europeo e mondiale alla luce delle finora inedite garanzie di libertà e sicurezza, per gli ucraini e per i russi, per tutti i popoli e per ognuno di noi.

La marcia europea dovrà costituire una vera e propria catena di fratellanza che metta in primo piano, in prima pagina, chi ha diritto alla difesa di fronte alla aggressione, ma non ha niente a che vedere con i “signori della guerra”, da qualsiasi parte si collochino, e ha molto a che fare con le occasioni perdute di amore e creatività, provocate da ogni guerra.

Una Marcia non violenta che sia un evento di massa capace di far capire ai potenti che le persone comuni di Europa sono schierate contro la violenza nei conflitti e dica con forza ai governi che senza dare voce e ascolto alla società civile non sarà possibile oggi porre fine a nessuna guerra né costruire un mondo meno diseguale e più solidale.

Ci daremo un appuntamento in un giorno preciso alla frontiera polacca e guidati nell’organizzazione dalla società civile ucraina, usando pullman e treni speciali, raggiungeremo il confine di uno dei fronti di guerra (es. nei pressi di Kherson o di Backhmut)  per manifestare il nostro dissenso alla guerra con la nostra presenza fisica, stanziando per almeno sette giorni nel luogo indicato, coadiuvati da strutture da campeggio per la permanenza in loco.

 

Foto in evidenza di Luca Daniele: Leopoli, MEAN, VIAGGIO DEL 24-26 OTTOBRE 2022

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Welfare e pace

a cura di Maria Pia Tucci, di Marianella Sclavi 

24 febbraio 2022 – 24 febbraio 2023. Ucraina. Sono le 5:05, ora locale, del 24 febbraio 2022 , la popolazione Ucraina si sveglia al suono delle sirene e nel frastuono delle bombe.  è la guerra che bussa prepotente alle porte dell’ Europa. Putin invade l’Ucraina. Truppe al confine e allarme dai cieli.

Un bilancio spaventoso che ci continua a consegnare  immagini di distruzione ma anche di resistenza.

Dall’Italia arrivano aiuti umanitari, ma c’è pensa anche al futuro possibile, da proteggere e costruire, nasce il MEAN (Movimento Europeo di Azione nonviolenta).

Tra i fondatori c’è Marianella Sclavi, sociologa, esperta di arte di ascoltare, già docente di etnografia urbana al Politecnico di Milano. 

Mentre gli altri parlano di armamenti il MEAN riprende in mano il welfare e la costruzione di ponti tra persone e istituzioni, si costruisce una rete sociale e in gruppo si viaggia da ogni parte d’Italia verso Kiew prima e verso Leopoli dopo.

Ne escono incontri con le associazioni sociali del luogo, laboratori e interlocuzioni che diventano un patrimonio di umana solidarietà e vicinanza tra persone.

A Marianella Sclavi abbiamo chiesto il suo pensiero sulla pace e la relazione che c’è, se esiste, tra il welfare e la pace e lei ci ha dato due risposte, concrete, basate su esempi vissuti.

“Cercherò di basarmi su un paio di esempi concreti.Stabiliamo per prima cosa che “pace” non vuol dire assenza di conflitto, ma assenza di violenza.

“Pace” è un concetto dinamico che corrisponde a saper trasformare le incomprensioni, i dissensi e i conflitti in occasioni per capire meglio noi stessi e il mondo. La violenza è un risultato della assenza di possibilità e/o capacità di gestire i conflitti creativamente. 

Quindi se vogliamo parlare di “pace” in modo non ideologico dobbiamo prendere in considerazione specifiche e concrete situazioni conflittuali, e in particolare mettere al centro il disagio degli strati di popolazione più deboli e marginali e capire come è possibile far fonte alla mancanza di equità nella nostra società, a tutti i livelli: locale, regionale, globale.

 Non c’è pace senza giustizia.

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In Francia da una ventina d’anni è in atto un esperimento di prevenzione e gestione dei conflitti nei quartieri difficili che, quando viene applicato, riesce per davvero a far emergere il dialogo e la cooperazione. Questo metodo di intervento si chiama “qualification mutuelle” (QM), qualificazione reciproca, ed è stato inventato da una studiosa del malfunzionamento del Welfare di nome Suzanne Rosenberg, che poi è riuscita a praticarlo in una quantità di situazioni relative alla sanità, ai trasporti pubblici, alle assegnazioni delle abitazioni popolari, alle code per la pensione sociale, alle rivolte giovanili nelle banlieue.

Rosenberg è partita dall’ osservazione che nei quartieri di edilizia sociale “i servizi pubblici evolvono sempre più verso una spirale di scontro tra utenti che si sentono ostaggio dei servizi stessi e operatori impotenti.” Questa metafora dei servizi sociali visti come una ragnatela in cui coloro la cui qualità della vita dipende dal loro funzionamento si trovano “catturati” come dei moscerini, mi ha molto colpito.

Gli abitanti di questi quartieri – sostiene Rosenberg- sono persone intelligenti e creative, se si da loro la possibilità di praticare queste doti. E d’altra parte: “Come mai la polizia, il sistema giudiziario e gli assistenti sociali ottengono solo scarsi risultati nella prevenzione e nella punizione dei reati?”

I principi di fondo della QM sono due: primo, che una comprensione adeguata del problemi richiede la collaborazione fra tre tipi di saperi ognuno con una propria ragion d’essere: quello decisionale dei politici, quello tecnico-amministrativo e quello basato sull’esperienza concreta dei destinatari. Quando manca uno dei tre, la diagnosi e decisione si dimostreranno fallimentari. Quindi la QM opera tipicamente per mezzo di laboratori in cui i rappresentanti di queste tre categorie, che di solito non si parlano e specialmente non si ascoltano, si incontrano per dare spazio alle reciproche esperienze, esigenze, punti di vista e inventare assieme delle soluzioni innovative, di mutuo gradimento.

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Il secondo principio è riassumibile nella richiesta ai dirigenti di smettere di ragionare in termini di “il regolamento non lo prevede” in favore di “il regolamento non lo proibisce”, ovvero “è lecito tutto ciò che non è proibito”.

Il salto è: da decisioni prese nelle “stanze dei bottoni” che escludono gli abitanti dei territori interessati, a decisioni prese “sul campo” in modo inclusivo.

Vediamo adesso come questo approccio può essere applicato in un altro campo, quello sulla guerra causata dalla aggressione russa in Ucraina. E’ largamente presente nella opinione pubblica l’idea che al posto della difesa armata, gli ucraini e gli stati europei dovrebbero “ricorrere al negoziato”. Chi dice questo si dimentica di sottolineare la differenza fra “negoziato nelle stanze dei bottoni” e “negoziato sul campo”.

Basterebbe andare a leggere il Protocollo di Minsk del 2014 (Minsk 1, firmato da l’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa -OSCE , da Russia e Ucrania e rappresentanti del Donbass) per rendersi conto che su quel documento c’è tutto cià che sarebbe astrattamente necessario per il cessate il fuoco e la ricostruzione del tessuto sociale. Ma le forze in campo hanno continuato a spararsi come e più di prima.

Mancava in quell’accordo la dichiarazione che era necessaria una forza terza di interposizione in grado di farlo rispettare. Cosa fanno invece i poteri forti ?

Elaborano un altro documento, un nuovo Protocollo, Minsk 2 del 2015, (sottoscritto anche da Francia e Germania con la benedizione della Cina) che aggiunge sulla carta altre disposizioni  per la cessazione dei combattimenti ecc.

Uno dei risultati reali è che la Fed Russa ne ha dedotto che l’Europa non facesse sul serio e che l’Ucraina potesse essere ingoiata in un sol boccone.

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Allora piuttosto che chiedere un Minsk 3 sarebbe forse il caso che l’Europa si doti una autentica forza terza, non bloccabile dai veti dei singoli stati, come succede all’Onu, capace lei di bloccare le violenze e aprire la strada al coinvolgimento della  popolazione locale nella progettazione di un futuro di pacifica e fruttuosa convivenza.

Entrambi questi esempi illustrano che molto spesso il cambiamento necessario nel modo di ragionare e di governare non riguarda solo le stanze del potere, ma anche di chi le contesta.

Le foto sono di Luca Daniele, fonte: https://www.facebook.com/meanprogetto/

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Ermergenza Ucraina: attiva a Lamezia Terme raccolta indumenti

I comuni, le associazioni e gli esponenti della società civile ucraini che il MEAN (Movimento Europeo di Azione Nonviolenta) ha incontrato nei diversi viaggi fatti in Ucraina da maggio ad ottobre 2022, hanno lanciato una richiesta di aiuto concreto e urgente per affrontare l’inverno rigido che è già cominciato.

Serve aiuto, serve prendere in carico il freddo, il buio di questo “inverno ucraino” che sta mettendo in ginocchio la popolazione colpita dalla guerra.

 

La Comunità Progetto Sud, parte attiva del MEAN ha organizzato a Lamezia Terme, in coordinamento con la Caritas Diocesana una raccolta di beni primari per sostenere le persone e i comuni che in Ucraina sono vittime non solo delle bombe ma anche di una nuova forma di holodomor, la “riduzione alla fame”, che l’aggressione russa sta infliggendo loro.

DOVE DONARE:

Il punto di raccolta è il complesso interparrocchiale di San Benedetto, nei locali Caritas di Via Sen. Arturo Perugini, aperto dall’ 1 al 15 dicembre nei giorni feriali, dal lunedì al sabato dalle ore 10 alle 13 e dalle ore 15 alle 17.

COSA DONARE:

coperte calde e indumenti invernali nuovi o seminuovi incellofanati tra simili,
ovvero: cappotti, giacche, pantaloni, maglioni, pigiami caldi, e asciugamani grandi e piccoli per il bagno.

PER INFORMAZIONI: Cell. 320 0873966.

Sul sito www.projectmean.it sarà possibile consultare, in tempo reale, la lista dei fabbisogni che sarà aggiornata progressivamente all’arrivo degli aiuti raccolti.

Il MEAN, inoltre, ha organizzato un gruppo di lavoro con architetti e ingegneri italiani – coordinati da Mario Cucinella – per la realizzazione di “stanze climatiche”, strutture-rifugi diurni in cui le persone possono trovare ristoro e riscaldarsi.
Per questo motivo, è stata avviata una raccolta fondi per sostenere le spese necessarie alla realizzazione delle strutture.

Le donazioni possono essere effettuate su questo conto corrente dedicato:
Progetto MEAN-Consorzio Sale della Terra
Iban IT43M0501803400000017167636
Causale: Emergenza inverno Ucraina

foto in evidenza di Luca Daniele