Teresa Masciopinto: «Finanza etica a sostegno di comunità e imprese. Il lavoro, la dignità delle persone e il rispetto dell’ambiente»

Foto in evidenza di Roberto Gatto

Masciopinto è la presidente di Fondazione Finanza Etica, la fondazione culturale del Gruppo Banca Etica che studia e promuove la cultura di una economia equa e sostenibile.
Il tema della finanza tocca molti aspetti della vita dei cittadini e l’educazione finanziaria è uno degli aspetti di cui si sente sempre più spesso parlare: comprensione dei rischi finanziari, capacità di gestire, investire e risparmiare. Ma da dove parte e in che cosa si
distingue una finanza etica?

Perché e in quale momento la finanza ha bisogno di definirsi: etica?
«Se consideriamo che le origini delle banche moderne risalgono al Medioevo, con la nascita dei Monti di Pietà, possiamo definire la banca come uno strumento creato dall’ uomo per facilitare l’ accesso al credito per persone e imprese in difficoltà. Questo avviene tramite l’ utilizzo dei risparmi di coloro che si trovano in una situazione economica più favorevole. Pertanto, la banca svolge una funzione essenziale e, in ultima analisi, di natura sociale».

Dunque, cosa è successo nel tempo?
«Nel tempo, le banche si sono allontanate dal supporto all’economia reale, concentrandosi sempre più sulla finanziarizzazione. Ora puntano a fare profitto dai soldi piuttosto che sostenere persone e imprese, con l’obiettivo principale di massimizzare i guadagni degli azionisti.
Quindi sempre meno denaro dall’ attività classica che è quella dell’intermediazione creditizia, sempre più redditività per le banche da quello che deriva dal mercato borsistico, dalla speculazione finanziaria, dalla vendita di servizi che è collaterale all’attività bancaria.
La finanza etica ritiene che i risparmi debbano sostenere le comunità, le imprese, il lavoro, la dignità delle persone e il rispetto dell’ ambiente. Tuttavia, la finanziarizzazione dell’ economia spesso favorisce i settori più redditivi, come quello degli
armamenti, dell’economia di guerra e delle fonti fossili, causando danni ambientali che minacciano la nostra sopravvivenza futura».

Quindi da quando la parola etica l'abbiamo dovuta rimettere accanto al tema della finanza?
«Da quando in maniera incontrovertibile si è palesato il fatto che la finanza è sempre più a servizio di un’idea economica che crea disagio, che crea diseguaglianze, che crea sfruttamento e sempre meno a servizio delle persone e dell’ambiente».

Quanto è accessibile a tutti il termine finanza? E in che modo l’educazione finanziaria aiuta poi anche a comprendere le azioni e il dibattito politico a cui abbiamo accennato: tra i temi più attuali la sostenibilità e la corsa agli armamenti?
«La finanza agisce su una massa di denaro ciò dà il senso della sua funzione a favore della collettività. Quando noi parliamo di finanza parliamo di risorse che servono nella prospettiva temporale a finanziare un’impresa, a sostenere uno Stato, a sostenere un progetto.
La finanza è composta dalla somma di tutti i risparmi individuali. Parlare di finanza significa considerare la dimensione collettiva delle risorse, piuttosto che la gestione economica delle risorse personali. Sebbene una singola persona possa pensare che i propri risparmi siano insignificanti, è l’insieme di questi risparmi che costituisce le masse utilizzate nel sistema finanziario.
E allora quando mi chiedi è importante conoscere, certo che è importante conoscere, è importante informarsi. Le classifiche dell’OCSE sono catastrofiche, rispetto allo stato della conoscenza finanziaria degli italiani. Siamo agli ultimissimi posti della graduatoria in termini di educazione finanziaria. E chiaramente la conoscenza produce consapevolezza e quindi produce anche una situazione nella quale con più informazioni agisco una responsabilità, responsabilità che sta in capo ai risparmiatori di scegliere per esempio dove collocare il proprio denaro.

Con Fondazione Finanza Etica abbiamo un portale che si chiama Valorilab, dedicato proprio all’educazione finanziaria. In più però noi ci aggiungiamo la parolina magica che è educazione critica alla finanza. Quindi non solo conoscere quelli che sono gli strumenti, quello che è l’ ABC della finanza, ma anche capire poi che l’uso del denaro non è neutro, che nulla è neutro».

Cosa intende?
«Neutri sono gli strumenti ma non il loro utilizzo. Di fatto gli strumenti ti danno la possibilità di agire in maniera politica il tuo essere risparmiatore e risparmiatrice consapevole.
Partendo soprattutto dal fatto che chi fa finanza etica non lo fa mai da solo, che la finanza etica si basa sull’idea che per poter essere trasformativi è necessario costruire reti, è necessario per esempio nel nostro caso stabilire delle connessioni reali con le
organizzazioni della società civile che si occupano di partecipazione attiva, che si occupano di democrazia, che si occupano di diritti umani. Perché la componente denaro è una componente fondamentale per poter convogliare i valori e ideali su progetti concreti e quindi trasformativi della società».

Qualche esempio concreto?
«Come fondazione finanza etica siamo fondatori, per esempio, della rete pace e disarmo, abbiamo relazioni stabili con tutte le organizzazioni che si occupano di trasformazione ecologica, che si occupano di tutela delle politiche ambientali, perché da soli siamo
normalmente autoreferenziali e sicuramente poco abbiamo meno possibilità di incidere.
Quindi come fondazione finanza etica facciamo educazione critica alla finanza, lavoriamo con le scuole, lavoriamo con le Università, lavoriamo con gli enti locali per poter fare crescere sempre di più la consapevolezza su questi temi e anche trasparenza su queste questioni, perché l’altro aspetto è quello della trasparenza. La trasparenza ci aiuta naturalmente ad acquisire consapevolezza e quindi darci maggiori strumenti per scegliere, per decidere.

Così come siamo molto impegnati sul tema del contrasto dell’esclusione finanziaria per le donne e in generale in tutte le categorie marginalizzate che possono essere persone LGBTQI+ o sicuramente le persone con disabilità.

Nel futuro prossimo cosa c’è?
In un futuro non molto lontano ci piacerebbe ragionare, appunto, sull’esclusione finanziaria delle persone con disabilità che per tante ragioni è un fatto socialmente eclatante, anche se su questo come su altri aspetti già affrontati, ahinoi, non ci sono dati. In ragione di questo stiamo lavorando anche attraverso la costruzione di protocolli operativi con le banche per poter recuperare dati e quindi impostare un lavoro costruttivo e consapevole».

A Lamezia Terme è intervenuta a Trame.14 nel talk “Finanza zero armi”.