carlo macrì_Don Rigobert Elangui_Mons Francesco Oliva_Don Giacomo Panizza

“Se risolvi i diritti puoi anche diventare capace di assolvere doveri”.

A LOCRI (RC) LA RELAZIONE “CARITÀ È CULTURA” DI DON GIACOMO PANIZZA APRE I LAVORI DELLA DUE GIORNI CARITAS

È il Global Chorus, diretto da Carlo Frascà, che apre il convegno delle Caritas Diocesane di Locri.

Con le note dell’Inno d’Italia declinato in molteplici stili ed eseguito rispecchiando le parole del suo direttore nel gesto del “camminare insieme”, così come nel linguaggio della musica.

Global Chorus

Mons. Oliva saluta gli intervenuti e apre i lavori, indicando come strada privilegiata, per la Chiesa intera e le Caritas, il mettere al centro la carità, affidandosi alla formazione dei gruppi, dei giovani, degli uomini e delle donne.

“I bisogni non hanno colore, non c’è nessuno prima di qualcun altro” – afferma il Vescovo Oliva -. “Sul piano culturale è importante veicolare il messaggio che al centro di tutto ci sono le persone, con i loro bisogni non solo materiali ma anche morali”. E conclude invitando i presenti a “Sensibilizzare le sacche di indifferenza, questo l’impegno per le Caritas diocesane e parrocchiali”.

Carlo Macrì_Don Rigobert Elangui_Mons Francesco Oliva_Don Giacomo Panizza

La relazione di Don Giacomo Panizza si snoda tra impegno morale e reale. Nello sguardo sul territorio per saperlo leggere e per poter intervenire efficacemente.

La carità è cultura perché dice parole umane, di dignità.

Non si può fare una “carità pelosa”, sdegnosa.

La carità porta pensieri alti – dice – La carità deve saper parlare, perché a volte non bastano i gesti. Il gesto deve trasmettere un messaggio sociale.

Fare la carità è cultura, come fregarsene degli altri è anche cultura.

Lasciare annegare o togliere dalle acque è cultura.

E poi c’è molto di più. Pensare al bene comune è diverso che pensare solo a me e ai “miei” e non agli altri.

Fare una politica contrassegnata dalla carità è mettersi in gioco per promuovere cose per se stessi e anche per gli altri.

La carità che ha lasciato Gesù è quella di amarsi a vicenda, e ci ha anche detto: “Amate i vostri nemici”.

La carità non esiste nelle parole, queste servono, ma in definitiva la carità esiste solo quando la si fa.

La carità costruisce pace e corresponsabilità, e si sottomette a nessuna cultura dominante.

Poi ci sono le domande: Che spinte culturali offriamo a parole e in opere, per essere onesti, per essere famiglia, per essere società?

È carità fermare i mafiosi – continua Don Giacomo – e superare la rassegnazione.

Quali segnali positivi cogliamo dal nostro territorio?

Mescolarsi, Convivere, Insegnare e imparare ad avere doveri e non solo diritti significa diventare cristiani e cittadini maturi.

Welfare è oggi il nome della carità politica, il mettere a sistema le risposte ai bisogni e ai diritti umani, è quel modo in cui ci si mette insieme per aiutare tutti quanti, anche chi non vedi.

Triangolare l’aiuto senza sapere a chi va. È carità indiretta, è promossa da un “noi” rivolta a “ciascuno”, da nord a sud Italia.

Avere cura che i servizi funzionino e siano per tutti, sufficienti dappertutto. Infatti “Se risolvi i diritti puoi anche diventare capace di assolvere doveri”, ci insegna la dottrina della Chiesa Cattolica e, questo è scritto anche negli articoli 2, 3, e 4 della Costituzione Italiana.

La Carità / Cultura è Umanesimo integrale: concreto e trascendente per i cristiani: essa ha in sé il primato della persona, la tensione tra fede e ragione, tra individuo e società, e si mette al servizio sia della Chiesa che dell’umanità, di chi crede e di chi non crede.

La carità è cultura quando mostriamo ai giovani che ci è stato possibile comporre la carità con la cultura e la realizzazione umana e Religiosa. Non possiamo tacere la speranza ai giovani! Carità è dare parola ai giovani, ai loro sogni di oggi per il loro domani.

Ci dice Papa Francesco che bisogna “Fare le opere di misericordia con misericordia”, con tenerezza.

Dobbiamo meglio imparare a vedere il bisogno dell’altro non solo nell’immediato, ma sapere se l’altro avrà bisogno di me e anche di “noi” e delle nostre Istituzioni anche domani. Diventa necessario sapere se la mia carità ha dato strumenti per divenire persone autonome.

Il messaggio delle opere di Misericordia torna prepotente nella relazione del Presidente della a Comunità Progetto Sud, con la sua conclusione evangelica: “Sono i poveri che salvano. Sono gli affamati che salvano i sazi. Sono gli stranieri che salvano chi li accoglie.

Quelli liberati dal laccio del potere, salvano.

“Misericordia” significa avere un cuore grande verso i piccoli, coloro che hanno bisogno, per i miseri cioè per coloro che non ce la fanno da soli a badare a sé stessi e alle incombenze quotidiane della loro vita. È decidersi di donare anche se sai che non avrai niente in contraccambio.

da sx: Valentina Femia, Federica Roccisano, Carlo Macrì, Maria Antonietta Pelle, Francesco Mollace, Giacomo Panizza

La tavola rotonda ha messo insieme gli attori del territorio: Francesco Mollace, Responsabile del Forum del terzo settore della Locride; la prof.ssa Maria Antonietta Pelle, consigliera della Caritas di Locri; Valentina Femia delegata del Comitato riviera dei Gelsomini e della Croce rossa; Federica Roccisano, presidente della cooperativa sociale Hermes 4.0.

Il dibattito di questa seconda parte del convegno poggiava sulla domanda: è possibile fare rete nella Locride? La sintesi corale è andata nella direzione di impattare il territorio, i giovani, coinvolgere il terzo settore con azioni precise e potenziare i talenti della carità dei gruppi nei quali si opera. Fare rete con il volontariato e con le varie istituzioni locali, è la strada da continuare a percorrere schivi da individualismi e proiettati in una visione sociale solidale e inclusiva.