cps 2024 febbraio copertina newsletter

Ponti

di Maria Pia Tucci

Il febbraio di Petali, la newsletter della Comunità Progetto Sud, arriva nelle nostre mail con  due parole che iniziano per “P”: una è un’immagine e scrive a colori su un lenzuolo PACE in tutte le lingue del mondo, l’altra è un segno grafico e scrive “PONTI“.

Due necessità in costruzione per le quali sono necessarie infrastrutture umane fatte di azioni e progettualità di comunità capaci di scavallare luoghi, dove i confini sono convenzioni geografiche, dove il diritto al movimento è incluso nel vivere di ogni persona.

La prima P, PACE, è l’immagine in copertina, uno scatto di Roberto Gatto, nostro responsabile dell’area dipendenze, fotografia dell’ l’iniziativa coordinata  da Pax Christi Lamezia Terme e che si è svolta lo scorso 24 febbraio. Data di piazze piene in ogni dove per ribadire a gran voce la richiesta di pace a due anni dall’inizio del conflitto Russia – Ucraina e che non dimentica di implorare la fine del massacro che sta avvenendo nella striscia di Gaza.

PONTI sono le storie e i percorsi di cui raccontiamo di questo febbraio trascorso: un nuovo progetto, l’esperienza Erasmus in Francia e il Servizio Civile Universale Internazionale in Grecia. Ponte è la collaborazione e l’amicizia di Marina Frigerio, etnopsicologa di origini italiane che vive e lavora in Svizzera ma che non può fare a meno di abitare la Comunità più volte l’anno e che firma l’articolo che apre la nostra newsletter.

Ci sono poi le nuove opportunità d’impiego, anch’esse ponte, questa volta per il mondo del lavoro e incentivo alla “restanza” per i professionisti del sociale e non solo.

Buona lettura!

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Progetto di Servizio Civile Universale Internazionale “Coltivare il domani”: attività di inclusione nel territorio della Messenia

di Nicola Emanuele

L’esperienza di Servizio Civile all’estero con il CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza) rappresenta un’opportunità unica per i giovani di crescere sia come persone che come cittadini. Da diversi anni, il CNCA promuove progetti in Ecuador, Uganda e Grecia, offrendo ai volontari la possibilità di vivere un’esperienza di scambio interculturale e di mettersi al servizio di realtà diverse con l’intento di sostenere le iniziative di sviluppo umano, sociale portato avanti da gruppi presenti nella Messenia, attraverso l’affiancamento di volontari nelle diverse aree di intervento: educazione e promozione culturale, agricoltura, tutela ambientale e diritti umani.

La missione del progetto è di allargare e favorire la creazione di legami tra le organizzazioni del CNCA e le organizzazioni greche che operano nei medesimi ambiti, al fine di costruire una rete di cooperazione e di scambio. Il nostro obiettivo è di permettere ai volontari e alle organizzazioni coinvolte di condividere esperienze, competenze, buone pratiche, progetti e visioni tra realtà che si occupano di tematiche e questioni simili. In questo modo, vogliamo contribuire a rafforzare il tessuto sociale e civile della regione, a valorizzare le sue potenzialità e a contrastare le sue criticità.

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La Comunità Progetto Sud, federata nel CNCA, fin da subito ha creduto in questa opportunità, convinta che il Servizio Civile all’estero non sia solo un modo per arricchire il proprio curriculum vitae, ma anche un’occasione per ampliare la propria visione del mondo.

Vivere in un contesto diverso permette di conoscere nuove culture, modi di vivere e di pensare, sfidando le proprie convinzioni e aprendo la mente a nuove prospettive.

Vivere lontano da casa e dalla propria famiglia richiede di assumersi responsabilità e di gestire autonomamente la propria quotidianità.

Giunto alla sua seconda annualità, il progetto “Coltivare il Domani” si svolge nel Peloponneso, in Grecia, e più precisamente nella provincia della Messinia, tra le cittadine di Calamata e Messinia, rinomate per la produzione agricola ma anche per il turismo.

La Cooperativa Palmi, una delle sedi di progetto è situata a Messinia e si occupa di attività agricole e di inclusione sociale, favorendo l’inserimento lavorativo di persone con disabilità e svantaggio.

La Fondazione culturale “Le strade dell’ulivo”, con sede a Calamata, promuove la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio culturale e storico legato all’ulivo, simbolo di unione tra i popoli del Mediterraneo.

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E proprio l’ulivo è divenuto il filo conduttore ed elemento centrale del progetto, assume un valore simbolico di grande rilevanza. Diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, rappresenta non solo una fonte di nutrimento e di reddito per molte comunità, ma anche un ponte ideale per unire culture diverse e promuovere la coesione sociale. L’ulivo come simbolo di pace e di unione dei popoli.

Così i giovani volontari impegnati in questa esperienza si trovano ad incrociare il lavoro sulla terra fianco a fianco con persone provenienti da vari tipi di svantaggio ma anche a sostenere i gruppi nella diffusione di temi valoriali nelle diverse occasioni di scambio interculturale promosse.

L’esperienza di scambio ci sta permettendo di re interpretare la visione di sviluppo e di crescita dei territori centralizzando il nostro orizzonte sul Mediterraneo e sui popoli che lo vivono ed animano.

Il Mediterraneo come centro di incontro tra culture attraverso il quale costruire opportunità di futuro possibile. Un Mediterraneo che si riprende l’identità di collante fra i popoli e non  portatore di morte per le migliaia di migranti che disperatamente lo attraversano.

La nostra esperienza di servizio Civile in Grecia è diventata non solo una opportunità di crescita per i giovani volontari ma anche per le organizzazioni che si impegnano quotidianamente nella gestione e promozione come i gruppi che compongono la federazione del CNCA, la Comunità Progetto Sud, la Cooperativa Palmi e la Fondazione Le strade dell’Ulivo.

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L’appello all’adesione: dal MEAN tre proposte all’Europa che partono anche dalla Calabria

Il lavoro del MEAN (MOVIMENTO EUROPEO DI AZIONE NON VIOLENTA) continua anche lontano dai riflettori, ma sempre vicino alle popolazioni colpite dalla guerra in Ucraina.

Un lavoro di presenza fisica e che non si ferma nelle proposte per la pace, che punta a  «coinvolgere la società civile pacifista da un dibattito polarizzato sull’opportunità o meno dell’invio delle armi per farle ritrovare l’indispensabile unità di intenti e d’azione necessaria al cammino di una pace giusta», come scritto nell’ ultimo documento condiviso dalle oltre 100 associazioni in tutta Italia che fanno parte del movimento.

La Comunità Progetto Sud è tra le realtà che hanno fondato il MEAN e Don Giacomo Panizza, in questo ultimo anno si è recato più volte in Ucraina insieme agli altri rappresentanti del Movimento, incontrando sul posto i civili organizzati in associazioni e le istituzioni politiche e religiose, come anche inviando medicinali, cibo e abiti, costruendo là un Peace Village e accogliendo profughi qui in Italia.

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villaggio della pace a Brovary (foto dal profilo facebook MEAN)

Nei prossimi giorni una delegazione MEAN si recherà a Strasburgo a parlare ai gruppi europarlamentari, è stata perciò attivata una raccolta firme per l’istituzione dei corpi civili di pace con il bagaglio di tre proposte condivise.

E anche dalla Calabria parte l’appello del MEAN, a diffonderlo è lo stesso don Giacomo Panizza «Siamo davanti ad una nuova proposta condivisa e che vogliamo sia sottoscritta e compresa da più persone possibili, – dice Panizza – perché non cadiamo nella trappola dell’indifferenza davanti ad un conflitto che continua a minacciare il cuore dell’Europa e non solo».

La prima delle tre proposte è la convocazione al più presto di una “Conferenza Europea sui criteri per la istituzione e per la operatività dei Corpi Civili di Pace Europei” con protagonisti i costruttori di pace sia istituzionali che non governativi (come del resto era nelle intenzioni di Alex Langer) con esperienze significative sul campo.

La seconda: è rivolta al Governo italiano perché rilanci e ridefinisca il concetto di Corpi civili di Pace nel nostro Paese uscendo dalla sperimentazione infinita in cui li si è confinati dal 2014 ad oggi.

La terza proposta  è la convocazione di una “Marcia nonviolenta della fraternità e della pace” da farsi possibilmente entro l’estate 2023

L’adesione avviene tramite questo modulo di raccolta firme: Corpi Civili di Pace e la grande Marcia Nonviolenta!https://projectmean.it/istituire-i-corpi-civili-di-pace-europei/

 

mean leopoli _luca Daniele

LE TRE PROPOSTE NEL DETTAGLIO 

PRIMA PROPOSTA

La nostra prima proposta è la convocazione al più presto di una “Conferenza Europea sui criteri per la istituzione e per la operatività dei Corpi Civili di Pace Europei” con protagonisti i costruttori di pace sia istituzionali che non governativi (come del resto era nelle intenzioni di Alex Langer) con esperienze significative sul campo. Una conferenza promossa, in una città dell’Ucraina, da una Cabina di Regia formata da esponenti della società civile europea e presieduta da membri della società civile ucraina, alla quale gli esponenti delle istituzioni politiche a vari livelli sono invitati a partecipare prima di tutto come ascoltatori e poi come decisori, ovvero come interlocutori responsabili di risposte puntuali entro tempi definiti.

La scelta di un città ucraina come sede di un tale evento, così come la presidenza della iniziativa, sono anche simbolicamente un riconoscimento che con la propria lotta e la propria vita, questo popolo si è conquistato il titolo di primus inter pares nella famiglia europea e che nessun altro più di loro può esigere una svolta (o se si vuole una accelerazione) nella strutturazione del governo europeo, tale da renderlo sul serio portatore di una visione e di una strategia che assegni a questo continente il ruolo che, stante le tormentate lezioni della sua storia, gli spetta, e cioè quello di garante della gestione costruttiva di conflitti sia al proprio interno che a livello internazionale.

Aggiungiamo che la auspicabilità di una tale conferenza era già stata avanzata da ben due studi di fattibilità sui requisiti per il buon funzionamento dei CCPE, commissionati dalla Commissione Europea rispettivamente nel 2004 e 2005. Entrambe hanno sottolineato la centralità di professionisti “non statali”, reclutati da un gruppo dirigente che opera secondo procedure ad hoc, in grado di valorizzare i particolari punti di forza e di porre riparo alle specifiche criticità di ogni situazione di crisi nella sua unicità, e quindi con un approccio più di “animazione” di contesti di mutuo apprendimento che non di applicazione di piani predefiniti. Questa problematica è presente anche nel draft appena adottato dalla Commissione Esteri del Parlamento Europeo sulla “Implementazione della PCSD civile e altra assistenza civile dell’Ue in materia di sicurezza” che sarà all’ordine del giorno della seduta plenaria di maggio sottolineando che il progetto di CCPE dovrebbe costituire un ulteriore strumento a disposizione dell’Ue per un approccio integrato alla gestione civile delle crisi . Chiediamo al Consiglio di includere il progetto di CCPE nel nuovo Civilian CSDP Compact che sarà presentato a Maggio e al governo italiano, in particolare, di sostenere questa proposta.

Si tratta di osare pensare a livello europeo ad un organismo sulla gestione costruttiva dei conflitti come necessario complemento e pari dignità del corpo militare previsto dalla “Bussola” approvata dai ministri della difesa dei Paesi Ue nel marzo 2022 e che prevede entro il 2025 una forza di 5000 militari per il pronto intervento. Si tratta, per le istituzioni europee di riconoscere che come tutti i cambiamenti sistemici, anche questo, deve trovare fonte e impulso nelle dinamiche della società civile e in nuove forme di dialogo fra società civile e rappresentanze politiche.  

 

SECONDA PROPOSTA

La seconda proposta è rivolta al Governo italiano perché rilanci e ridefinisca il concetto di Corpi civili di Pace nel nostro Paese uscendo dalla sperimentazione infinita in cui li si è confinati dal 2014 ad oggi. Dal 2014 a 31 dicembre 2022, l’Italia ha speso 190 miliardi di euro in Spesa Militare ma non è riuscita a spendere 9 milioni per sperimentazione Corpi Civili di Pace.

 

TERZA PROPOSTA

La Terza proposta è la convocazione di una “Marcia nonviolenta della fraternità e della pace” da farsi possibilmente entro l’estate 2023 come manifestazione nonviolenta conclusiva della Conferenza di cui alla Proposta 1.

Siamo consapevoli, come pacifisti europei, di non avere nel nostro dna, e nella nostra storia secolare, un cammino di liberazione dalle oppressioni basato sull’ahimsa e sul satyagraha di natura orientale, ma sulla nostra capacità di reagire in armi ed in solidarietà.

Dalla rivoluzione francese alla liberazione dal nazifascimo l’Europa civile si è sempre distinta per la sua capacità di sovvertire con la forza degli ultimi e degli oppressi le posizioni degli oppressori, fino a costituire ordinamenti sociali ed istituzionali sempre più democratici, egalitari e liberali.

Siamo altresì consapevoli di trovarci di fronte all’inedito di dover esercitare, per la prima volta dai trattati di Roma che hanno istituito la CECA e la CEE, la nostra “coscienza atomica”, la coscienza di un pacifismo attivo che ha il compito di scongiurare con ogni forza del cuore e dell’intelletto l’autodistruzione del nostro continente per mano delle potenze nucleari, potenze che sono visibilmente in gioco nello scenario attuale del conflitto ucraino.

La marcia dovrà essere la dimostrazione plastica della coscienza atomica degli europei e dovrà essere capace di coinvolgere migliaia di cittadini provenienti da tutti i paesi europei e guidata dalla società civile ucraina che in questo primo anno di guerra si è distinta non solo per la resistenza in armi, ma anche e soprattutto per le tante e quotidiane forme della resistenza nonviolenta all’invasione della Federazione Russa.

Essa dovrà avvenire sulla scorta degli insegnamenti gandhiani, del pensiero laico pacifista europeo e degli insegnamenti della recente dottrina sociale della Chiesa Cattolica così come delle dottrine pacifiste di tutte le religioni presenti nella nostra casa comune .

Di fronte all’escalation atomica della guerra in corso, nel cuore dell’Europa, ed all’assenza contingente di un esercito europeo, così come di un dispositivo già funzionante di Corpo Civile Europeo, chiamiamo tutti i costruttori di pace a formare una vera e propria catena umana di donne e uomini che si tengano per mano, mettendo in gioco i propri corpi per annunciare con la nostra presenza nei pressi del fronte ucraino il messaggio più semplice di sempre: l’unità di destino della comune umanità fra i popoli e l’annuncio di una vittoria che sia fondata su un nuovo patto tra gli europei e non sia umiliazione per nessuno.

Troviamoci noi abitanti del pianeta per ripensare l’assetto europeo e mondiale alla luce delle finora inedite garanzie di libertà e sicurezza, per gli ucraini e per i russi, per tutti i popoli e per ognuno di noi.

La marcia europea dovrà costituire una vera e propria catena di fratellanza che metta in primo piano, in prima pagina, chi ha diritto alla difesa di fronte alla aggressione, ma non ha niente a che vedere con i “signori della guerra”, da qualsiasi parte si collochino, e ha molto a che fare con le occasioni perdute di amore e creatività, provocate da ogni guerra.

Una Marcia non violenta che sia un evento di massa capace di far capire ai potenti che le persone comuni di Europa sono schierate contro la violenza nei conflitti e dica con forza ai governi che senza dare voce e ascolto alla società civile non sarà possibile oggi porre fine a nessuna guerra né costruire un mondo meno diseguale e più solidale.

Ci daremo un appuntamento in un giorno preciso alla frontiera polacca e guidati nell’organizzazione dalla società civile ucraina, usando pullman e treni speciali, raggiungeremo il confine di uno dei fronti di guerra (es. nei pressi di Kherson o di Backhmut)  per manifestare il nostro dissenso alla guerra con la nostra presenza fisica, stanziando per almeno sette giorni nel luogo indicato, coadiuvati da strutture da campeggio per la permanenza in loco.

 

Foto in evidenza di Luca Daniele: Leopoli, MEAN, VIAGGIO DEL 24-26 OTTOBRE 2022

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Welfare e pace

a cura di Maria Pia Tucci, di Marianella Sclavi 

24 febbraio 2022 – 24 febbraio 2023. Ucraina. Sono le 5:05, ora locale, del 24 febbraio 2022 , la popolazione Ucraina si sveglia al suono delle sirene e nel frastuono delle bombe.  è la guerra che bussa prepotente alle porte dell’ Europa. Putin invade l’Ucraina. Truppe al confine e allarme dai cieli.

Un bilancio spaventoso che ci continua a consegnare  immagini di distruzione ma anche di resistenza.

Dall’Italia arrivano aiuti umanitari, ma c’è pensa anche al futuro possibile, da proteggere e costruire, nasce il MEAN (Movimento Europeo di Azione nonviolenta).

Tra i fondatori c’è Marianella Sclavi, sociologa, esperta di arte di ascoltare, già docente di etnografia urbana al Politecnico di Milano. 

Mentre gli altri parlano di armamenti il MEAN riprende in mano il welfare e la costruzione di ponti tra persone e istituzioni, si costruisce una rete sociale e in gruppo si viaggia da ogni parte d’Italia verso Kiew prima e verso Leopoli dopo.

Ne escono incontri con le associazioni sociali del luogo, laboratori e interlocuzioni che diventano un patrimonio di umana solidarietà e vicinanza tra persone.

A Marianella Sclavi abbiamo chiesto il suo pensiero sulla pace e la relazione che c’è, se esiste, tra il welfare e la pace e lei ci ha dato due risposte, concrete, basate su esempi vissuti.

“Cercherò di basarmi su un paio di esempi concreti.Stabiliamo per prima cosa che “pace” non vuol dire assenza di conflitto, ma assenza di violenza.

“Pace” è un concetto dinamico che corrisponde a saper trasformare le incomprensioni, i dissensi e i conflitti in occasioni per capire meglio noi stessi e il mondo. La violenza è un risultato della assenza di possibilità e/o capacità di gestire i conflitti creativamente. 

Quindi se vogliamo parlare di “pace” in modo non ideologico dobbiamo prendere in considerazione specifiche e concrete situazioni conflittuali, e in particolare mettere al centro il disagio degli strati di popolazione più deboli e marginali e capire come è possibile far fonte alla mancanza di equità nella nostra società, a tutti i livelli: locale, regionale, globale.

 Non c’è pace senza giustizia.

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In Francia da una ventina d’anni è in atto un esperimento di prevenzione e gestione dei conflitti nei quartieri difficili che, quando viene applicato, riesce per davvero a far emergere il dialogo e la cooperazione. Questo metodo di intervento si chiama “qualification mutuelle” (QM), qualificazione reciproca, ed è stato inventato da una studiosa del malfunzionamento del Welfare di nome Suzanne Rosenberg, che poi è riuscita a praticarlo in una quantità di situazioni relative alla sanità, ai trasporti pubblici, alle assegnazioni delle abitazioni popolari, alle code per la pensione sociale, alle rivolte giovanili nelle banlieue.

Rosenberg è partita dall’ osservazione che nei quartieri di edilizia sociale “i servizi pubblici evolvono sempre più verso una spirale di scontro tra utenti che si sentono ostaggio dei servizi stessi e operatori impotenti.” Questa metafora dei servizi sociali visti come una ragnatela in cui coloro la cui qualità della vita dipende dal loro funzionamento si trovano “catturati” come dei moscerini, mi ha molto colpito.

Gli abitanti di questi quartieri – sostiene Rosenberg- sono persone intelligenti e creative, se si da loro la possibilità di praticare queste doti. E d’altra parte: “Come mai la polizia, il sistema giudiziario e gli assistenti sociali ottengono solo scarsi risultati nella prevenzione e nella punizione dei reati?”

I principi di fondo della QM sono due: primo, che una comprensione adeguata del problemi richiede la collaborazione fra tre tipi di saperi ognuno con una propria ragion d’essere: quello decisionale dei politici, quello tecnico-amministrativo e quello basato sull’esperienza concreta dei destinatari. Quando manca uno dei tre, la diagnosi e decisione si dimostreranno fallimentari. Quindi la QM opera tipicamente per mezzo di laboratori in cui i rappresentanti di queste tre categorie, che di solito non si parlano e specialmente non si ascoltano, si incontrano per dare spazio alle reciproche esperienze, esigenze, punti di vista e inventare assieme delle soluzioni innovative, di mutuo gradimento.

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Il secondo principio è riassumibile nella richiesta ai dirigenti di smettere di ragionare in termini di “il regolamento non lo prevede” in favore di “il regolamento non lo proibisce”, ovvero “è lecito tutto ciò che non è proibito”.

Il salto è: da decisioni prese nelle “stanze dei bottoni” che escludono gli abitanti dei territori interessati, a decisioni prese “sul campo” in modo inclusivo.

Vediamo adesso come questo approccio può essere applicato in un altro campo, quello sulla guerra causata dalla aggressione russa in Ucraina. E’ largamente presente nella opinione pubblica l’idea che al posto della difesa armata, gli ucraini e gli stati europei dovrebbero “ricorrere al negoziato”. Chi dice questo si dimentica di sottolineare la differenza fra “negoziato nelle stanze dei bottoni” e “negoziato sul campo”.

Basterebbe andare a leggere il Protocollo di Minsk del 2014 (Minsk 1, firmato da l’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa -OSCE , da Russia e Ucrania e rappresentanti del Donbass) per rendersi conto che su quel documento c’è tutto cià che sarebbe astrattamente necessario per il cessate il fuoco e la ricostruzione del tessuto sociale. Ma le forze in campo hanno continuato a spararsi come e più di prima.

Mancava in quell’accordo la dichiarazione che era necessaria una forza terza di interposizione in grado di farlo rispettare. Cosa fanno invece i poteri forti ?

Elaborano un altro documento, un nuovo Protocollo, Minsk 2 del 2015, (sottoscritto anche da Francia e Germania con la benedizione della Cina) che aggiunge sulla carta altre disposizioni  per la cessazione dei combattimenti ecc.

Uno dei risultati reali è che la Fed Russa ne ha dedotto che l’Europa non facesse sul serio e che l’Ucraina potesse essere ingoiata in un sol boccone.

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Allora piuttosto che chiedere un Minsk 3 sarebbe forse il caso che l’Europa si doti una autentica forza terza, non bloccabile dai veti dei singoli stati, come succede all’Onu, capace lei di bloccare le violenze e aprire la strada al coinvolgimento della  popolazione locale nella progettazione di un futuro di pacifica e fruttuosa convivenza.

Entrambi questi esempi illustrano che molto spesso il cambiamento necessario nel modo di ragionare e di governare non riguarda solo le stanze del potere, ma anche di chi le contesta.

Le foto sono di Luca Daniele, fonte: https://www.facebook.com/meanprogetto/

Angela Regio__

Comunità, welfare, pace: costruire dal basso con lo sguardo al mondo

A tu per tu con Angela Regio, responsabile dei servizi e degli interventi sociali destinati alle persone con disabilità della Comunità Progetto Sud

«Lavorare per la pace è anche opporsi alla ‘ndrangheta e alle sue logiche inumane capaci di tenere sotto scacco vari segmenti della nostra società. È favorire l’incontro tra le diverse culture sia sociali che religiose. È non abbassare la guardia sui diritti democratici esistenti e quelli ancora da conquistare»

Angela Regio, ha 63 anni, una laurea in sociologia, un master di secondo livello, tanta formazione sui temi socio politici e organizzativi in ambito sociosanitario e socio assistenziale e diverse esperienze nel campo dell’animazione territoriale.

È la responsabile dei servizi rivolti alle persone con disabilità e continua a svolgere alcune funzioni di rappresentanza, sia a livello nazionale che regionale e territoriale della Comunità Progetto Sud.

A 17 anni ha incontrato, a Lamezia Terme, il gruppo nascente di Comunità Progetto Sud, a 24 ha deciso di entrare a farne parte e condividerne in pieno la vita.

«Con gli scout che frequentavo – racconta – siamo andati a conoscere questo “strano” gruppo, arrivato in città da pochi mesi, a vedere dove e come vivevano insieme persone con disabilità e non».

Angela Regio Convegno sessualità e disabilità

E poi? Come si è avvicinata alle attività sociali della Comunità Progetto Sud?

«L’anno prima della mia scelta, (quindi a 23 anni -ndr-) mi ero proposta come operatrice nel centro diurno sperimentale per bambini e bambine con disabilità grave che la comunità voleva avviare: questa è stata l’esperienza che più particolarmente mi ha segnato e che ha poi determinato la mia vita. Da questa ho imparato la curiosità, l’attenzione, l’ascolto verso persone con disabilità ritenute spesso solo dei “vegetali”, degli “scarti” da lasciare abbandonati in soffitta, esclusi perché non parlavano e non si esprimevano come tutti gli altri e sì che di cose da dire, invece, ce le avevano e anche tante!»

Qual era la nuova proposta della Comunità Progetto Sud?

«Noi volevamo solo dimostrare che servizi non segreganti ma a misura di persona erano possibili, anzi indispensabili perché portavano benessere sia alle persone coinvolte, sia all’intera città. Infatti, vedere persone con disabilità vivere e condividere le strade, il cinema, i negozi, era un esercizio sociale che induceva tutti a pensare i luoghi in chiave accessibile e inclusivi.

Quel tempo e quell’ “idea nuova” mi ha portata a sposare in pieno le idealità che la Comunità portava avanti contribuendo alla nascita di servizi, attività e iniziative volte al riconoscimento pieno della persona umana in qualsiasi situazione di vita si trovasse. e in qualsiasi situazione di vita si trovasse.

L’idea di iniziare a sperimentare un servizio che allora, nel 1983, non esisteva, portava già in sé la strategia di intervento che ci ha poi accompagnato negli anni: intercettare i bisogni espressi da persone e famiglie del territorio; creare insieme a loro momenti di confronto e approfondimento; progettare e realizzare insieme servizi e attività in risposta ai bisogni; politicizzare l’esperienza per sollecitare le pubbliche amministrazioni e la regione Calabria a progettare e legiferare per la realizzazione dei tanti servizi sociosanitari e socio assistenziali allora inesistenti e tuttora ancora carenti nella nostra realtà».

Secondo lei c’è una relazione tra la visione e la programmazione degli interventi sociali, quindi il welfare e la pace?

«Welfare e pace sono stati per noi sempre strettamente connessi: lavorare per la realizzazione della giustizia sociale, per l’acquisizione dei diritti, per l’uguaglianza delle opportunità, per il confronto tra tutte le diversità, per lo sviluppo economico e sociale delle città, significa contribuire a creare una società più giusta e il nostro vivere più libero e condiviso. E quando le persone e i gruppi vivono in queste dimensioni umane la pace si realizza».

 

Qualche esempio di azioni che nel tempo hanno costruito o contribuito a costruire una coscienza civile intorno alla pace?

«Nel tempo la comunità ha partecipato per esempio anche ad iniziative per il disarmo e continua ad essere presente a eventi di protesta/proposta per la risoluzione delle, purtroppo, molte guerre esistenti, ultima quella causata dall’invasione della Russia all’Ucraina; ha inventato insieme ad altri, eventi formativi di consapevolezza e gestione dei conflitti rivolti soprattutto ai giovani; ha accolto i primi obiettori di coscienza che rischiavano il carcere perché si opponevano alla leva obbligatoria; ha realizzato e continua a realizzare collaborazioni per lo sviluppo di paesi e territori lontani deprivati della loro possibilità di autodeterminazione».

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E oggi, qual è lo sguardo da avere per continuare a costruire, dal basso, politiche di pace?

«Lavorare per la pace è anche opporsi alla ‘ndrangheta e alle sue logiche inumane capaci di tenere sotto scacco vari segmenti della nostra società. È favorire l’incontro tra le diverse culture sia sociali che religiose. È non abbassare la guardia sui diritti democratici esistenti e quelli ancora da conquistare. È capire che la globalizzazione del nostro mondo se da una parte ha portato dei benefici dall’altra ha sempre di più accelerato la divaricazione tra realtà eccessivamente ricche e quelle che vivono nella più piena miseria. È sperimentare insieme nuovi modi del vivere possibile perché quello che viviamo continua ad essere “uno” dei modi possibili e non è detto che sia ancora quello più giusto e libero».

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Lamezia Terme Piazza di Pace

In collegamento da KIEV con don Giacomo Panizza e gli attivisti del Movimento europeo di azione non violenta (Meanin marcia per la Pace. Domenica 10 giugno ore 19 | Sala Sintonia | Via Reillo, 5

Una marcia per la Pace, per il “cessate il fuoco” che porterà a Kiev, il 10 e l’ 11 luglio gli attivisti del Movimento europeo di azione non violenta (Mean): 35 associazioni sparse sul territorio nazionale lavorano da tempo per il dialogo, con azioni distensive e di aiuto per richiamare un impegno alla pace che può nascere dal basso.

Anche la Calabria che costruisce azioni pace c’è, e cammina verso Kiev sulle gambe di Don Giacomo Panizza, fondatore della Comunità Progetto Sud.

Per essere partecipi di questo viaggio, Lamezia Terme sarà una delle venti Piazze di Pace italiane e alle 19 di domenica 10 luglio si collegherà, in remoto, da Sala Sintonia in Via Reillo, con gli attivisti nonviolenti del MEAN in Ucraina e con le altre città che sostengono la manifestazione pacifista.

«Abbiamo deciso di esserci a mani disarmate, nelle zone di guerra e di rischi continui. – Dice don Giacomo Panizza nel suo messaggio di adesione -. «Esserci con un movimento nonviolento che ha tanto da dire e ancor più da scambiare». E ancora – «Abbiamo bisogno di renderci conto della giustezza di smettere con le guerre e con armamenti che uccidono o silenzi che lasciano morire. La pace vera non fuoriesce dalle guerre, ma esiste dentro cuori e intelletti affamati di ambizioni e politiche davvero umanizzanti».

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Sulle giornate sono stati forniti pochi dettagli, per ragioni di sicurezza, ma sono previsti «incontri tra le due società civili – spiega Angelo Moretti, presidente Presidente della rete di Economia Civile Consorzio Sale della Terra di Benevento e portavoce di Mean – che discuteranno assieme di pace, ma anche delle possibili strategie per tutelare la cultura ucraina, per difendere i bambini, per coinvolgere l’opinione pubblica nei negoziati. Il tutto in collegamento con 20 piazze italiane. Un confronto che produrrà dei documenti in cui delineare le iniziative da mettere in campo e al quale parteciperanno anche autorità locali e il nunzio apostolico in Ucraina».

Si stanno organizzando collegamenti da Napoli, Milano, Roma, Trento, Bolzano, Brescia, Benevento, Lamezia Terme, Aversa, Marigliano, Pomigliano d’Arco, Manfredonia, Battipaglia, Bergamo, Casagiove e addirittura da Londra! La lista è in aggiornamento

Chi vorrà aderire alla piazza di Pace di Lamezia potrà raggiungere Sala Sintonia dalle 18.45

Scarica qui il decalogo di pace del MEAN

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DOMENICA 10 LUGLIO ARRIVANO IN TUTTA ITALIA LE PIAZZE DI PACE, IN COLLEGAMENTO CON IL MEAN A KIEV

Il 10 luglio, dalle ore 19, in molte piazze d’Italia si terrà un momento di festa e scambio in collegamento con gli attivisti nonviolenti a Kiev. Grazie all’impegno di tante associazioni e parrocchie sui territori, infatti, piu di 10 cittá si popoleranno di per la Nonviolenza Attiva.
Il momento (ore 20 in Ucraina), prevedrà uno scambio festoso di canti, poesie, pezzi teatrali, per far arrivare forte e chiara la solidarietà degli europei non solo attraverso i governi, con le armi o le sanzioni, ma con un vero legame civile ed umano tra popoli, in nome della nonviolenza attiva. Tutti uniti dallo stesso destino di appartenenza all’Europa, di cui sia l’Ucraina che la cultura russa fanno parte.
Al primo posto per numero di Piazze di pace ospitate c’é la Campania. A Pomigliano D’Arco (Napoli) nella parrocchia di San Felice in Pincis, (via Felice Cavallotti, 2), si riuniranno gruppi di volontari Caritas, associazioni del territorio e una rappresentanza numerosa della comunità ucraina. Durante la festa in diretta con Kiev, ci saranno canti, poesie e invocazioni per la pace. La comunità ucraina sarà presentata da padre Vasil, sacerdote ortodosso. Per informazioni: don Giuseppe Gambardella
(peppinogambardella@gmail.com).
A Napoli invece l’evento si terrà coinvolgendo la cittadinanza e istituzioni municipali, a Largo San Martino, nel quartiere Vomero-Arenella. Per informazioni: Tina Rubino (trubino55@gmail.com).
Sempre in provincia di Napoli, a Marigliano, eccezionalmente per questa piazza l’11 luglio sera, circa 250 ragazzi e giovani dell’oratorio estivo si collegheranno con gli attivisti nonviolenti in Ucraina da piazza Municipio, insieme con il sindaco, il Consiglio comunale e il vescovo. Per informazioni: Fedele Salvatore (fedelesalvatore@irene95.it).
In provincia di Caserta, a Casagiove, mille persone domenica si ritroveranno alle 20 nella parrocchia di San Michele Arcangelo (Via Filippo Iovara, 107), per collegarsi con Kiev alla fine di un momento di preghiera per la pace. Per informazioni: don Stefano Giaquinto (donstefanogiaquinto@virgilio.it).
Mentre a Benevento l’appuntamento sarà alle 19 in piazza Carlo Torre, davanti alla Basilica di S. Bartolomeo. Parteciperanno alla manifestazione molte associazioni e organizzazioni del territorio, tra cui “Consorzio Sale della terra”, Azione Cattolica diocesana, Laboratorio per la felicità pubblica, Libera, Cgil e Anpi. Per informazioni: Ettore Rossi (ettor.rossi@gmail.com).
A Roma domenica sera gli attivisti nonviolenti si raduneranno alle 19 nel cortile nella scuola Daniele Manin (plesso “Di Donato”, in via Bixio, 85), istituto simbolo di accoglienza e di pace. Dopo un rinfresco di benvenuto, ci sarà spazio per un confronto tra i partecipanti, prima di collegarsi con le altre piazze e con Kiev. Per informazioni: Gianluca Cantisani (gianlucacantisani1@gmail.com).
Milano sarà presente con due piazze: una sarà al Centro di Accoglienza Profughi Ucraini Don Orione, nella parrocchia di San Benedetto (Oratorio Don Orione, via Strozzi 1) e l’altra al Centro di accoglienza per mamme e bambini ucraini, Casa della Carità (via Pusiano 22). Per la prima piazza l’appuntamento sarà alle ore 18, e prima del collegamento Milano-Kiev, ci saranno le testimonianze di volontari e rifugiati. Prima della conclusione ci sarà anche tempo per un rinfresco e un momento di confronto finale. Per informazioni: Clelia Lucenti (clelialucenti@gmail.com).
Nella seconda piazza, l’appuntamento é per domenica alle 19, e saranno presenti volontari, ospiti ucraini, e don Virginio Colmegna, presidente Casa della Carità Milano. Per informazioni: Andrea Donegá (andrea.donega@icloud.com).
La bellezza della nonviolenza é che non conosce confini. Infatti domenica, in collegamento con Kiev, ci sarà anche Londra, con la chiesa cattolica italiana di St. Peter, (136 Clerkenwell Rd, London EC1R 5DL). L’appuntamento sarà alle 18.
Per informazioni: Rosa Lorini (mariarosalorini@gmail.com) e Lidia Guerra (lidia.guerra@hotmail.com).
Altre piazze sono in attesa di conferma.
MEAN, Movimento Europeo di Azione Nonviolenta
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Pace_

Chiediamo che il Governo finanzi corpi civili di Pace

Tra i primi firmatari di una lettera indirizzata al Ministro Di Maio anche la Comunità Progetto Sud
La richiesta, rivolta al Governo italiano è che  “finanzi una massiccia operazione di corpi civili di pace in Ucraina per una grande operazione di nonviolenza attiva. Facendosi forte della sua società civile l’Italia potrebbe proporre alla NATO, all’ Ucraina ed alla stessa Russia di sostenere una via innovativa di risoluzione del conflitto: far avanzare i corpi civili di pace ed avviare così una vera difesa nello stile dell’Europa nonviolenta, facendo avanzare la pace nei territori di guerra”
John Mpalizza

MARCIA RESTIAMO UMANI. CON JHON MPALIZZA A LAMEZIA TERME

“Con la  #MarciaRestiamoUmani, cammineremo insieme per abbattere i muri dell’indifferenza. Insieme, costruiremo ponti di solidarietà. Nessuno deve essere lasciato indietro. Diciamo no ad ogni forma di discriminazione. #RestiamoUmani”

Con questo intento,  il 20 giugno scorso, è partito da Trento John Mpaliza, attivista per la pace non nuovo ad iniziative che lo portano in cammino per il mondo a sostenere temi sociali.

John Mpalizza arriverà a Lamezia Terme domani, lunedì 23 settembre e sarà ospite della Comunità Progetto Sud.

Nel pomeriggio, accompagnato da gruppi e associazioni cittadine, dalle 16.30, partendo da Via Dei Bizantini, percorrerà la città fino al Chiostro di San Domenico.

Porterà la sua testimonianza di uomo in cammino per la pace e per i diritti di tutti, raccontando il senso di questo viaggio che terminerà ufficialmente a Roma, Piazza San Pietro domenica 20 ottobre, Giornata Missionaria Mondiale, con la partecipazione all’Angelus di Papa Francesco.

Le associazioni che lo accoglieranno, condividendone gli intenti, daranno vita al  Flashmob #IOACCOLGO organizzato dalla Comunità per minori non accompagnati Luna Rossa.

LE ASSOCIAZIONI E GRUPPI ADERENTI: COMUNITÀ PROGETTO SUD; PAXCRISTI; ASSOCIAZIONE MAGO MERLINO, ARCI, INRETE, IL DELTA, IL CHIOSTRO.

Il percorso della marcia: Via Dei Bizantini, Via A. Moro, Corso G. Nicotera, Chiostro San Domenico