Dalla XXXVIII giornata Mondiale Lotta alla Droga L’appello di Comunità Progetto Sud: Avere una Regione Calabria più capace di liberarsi dalle dipendenze e discriminazioni connesse agli abusi delle droghe e ai mercati mondiali e locali illeciti
Nella Giornata voluta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (26 giugno) che ricorda l’impegno della lotta alla droga, le persone ospiti di servizi e strutture della Comunità terapeutica Fandango, si sono incontrati negli spazi di via delle Vigne; con loro il presidente della Comunità Progetto Sud: Don Giacomo Panizza.
Il tema messo al centro è stato lo stesso voluto dall’ ONU per questo 2023: Fermiamo lo stigma e la discriminazione rafforziamo la prevenzione.
Un pomeriggio di festa e riflessione, un’occasione per riscoprirne il senso di questa Giornata Mondiale e rilanciare l’obiettivo di sempre: aiutare le persone a riprendere in mano la loro vita e rafforzare gli strumenti di prevenzione, cura e riabilitazione sul nostro territorio.
E il tasto dolente è proprio «nell’attuale sistema dei servizi in Calabria – racconta Roberto Gatto, referente coordinatore dell’area dipendenze della Comunità Progetto Sud – dove le attività di prevenzione sono completamente ferme da diversi anni e i progetti dove sperimentare percorsi di inserimento sociale, lavorativo e abitativo sono praticamente insistenti. Calabria che conosce solo due, tipologie di comunità a fronte, per esempio, delle 18 esistenti, in Lombardia».
La data della giornata Mondiale della lotta alle droghe è stata anche la tappa conclusiva un’attività specifica, durata quattro mesi, durante la quale gli ospiti della Comunità terapeutica Fandango, hanno sperimentato il lavoro in gruppo, di squadra, alla riscoperta delle proprie capacità e abilità manuali e creative; mesi in cui è stata particolarmente prestata attenzione alla cura dei luoghi in cui si vive, allo stupore davanti alla verità e alla bellezza.
Roberto Gatto | foto di Mattia Gatto
«In questi mesi abbiamo attivato alcuni laboratori – dice ancora Roberto Gatto – in cui abbiamo realizzato oggetti e vissuto attività che ci hanno aiutato a far sentire la comunità un luogo vivo, dove sperimentare la voglia di costruire il futuro a partire da nuovi desideri e capacità. Convinti – dice ancora Gatto – che il primo passo è smettere di usare sostanze, ma che il cammino continua ripartendo da se stessi e dalle proprie aspirazioni».
Il Lavoro della Comunità Progetto Sud, nell’ambito degli interventi dedicati alle dipendenze lavora in costante relazione con il territorio, incontrando, durante l’anno, alunni nelle scuole, giovani e meno giovani nelle parrocchie e fornendo ad organizzazioni educative informazioni e strumenti indispensabili a conoscere il fenomeno legato all’uso e abuso di sostanze psicotrope, alcoliche e indirizzando alla consapevolezza sulla pericolosità delle nuove dipendenze, quelle senza sostanze: da gioco o da internet, per esempio, che sempre più si inquadrano in comportamenti problematici e in più face di età.
«Ma questo non può bastare – dice ancora Gatto – Un altro capitolo necessario riguarda il servizio pubblico. Il Sistema Italiano è sempre stato all’avanguardia in tutto il mondo e si reggeva su due pilastri: il servizio Pubblico e i servizi privati accreditati in un equilibrio che nel corso degli anni ha creato tante sperimentazioni e risultati efficaci».
«Oggi, questo equilibrio rischia di scomparire – conclude Roberto Gatto -. Il sistema pubblico rappresentato dai SERD è in seria difficolta in termini di risorse umane e strutturali – organizzative, con personale storico che va in pensione e che non viene sostituito. Personale che transita per arrivare in altri settori. A questo aggiungiamo la mancanza di un aggiornamento nella distribuzione sui territori per mancanza di un Osservatorio che ne studi le evoluzioni: il tutto sta creando una situazione di grave emergenza non più sostenibile».
Infine l’appello alla politica calabrese che, conclude Gatto «Nella Giornata Mondiale della Lotta alle droghe è responsabilmente il minimo che si possa chiedere per avere una Regione Calabria più capace di liberarsi dalle dipendenze e discriminazioni connesse agli abusi delle droghe e ai mercati mondiali e locali illeciti». E ancora – «Esistono SERD senza presenze indispensabili quali medici e figure fondamentali: psicologi ed educatori che portano a riduzioni di orari e di giorni di apertura al pubblico. Il tutto crea difficoltà nel diritto alla cura di migliaia di utenti e cittadini calabresi. Al Presidente Occhiuto, commissario della Sanità, che ha nominato come suo referente politico,l’On.le Pasqualina Straface, chiediamo di prendere in esame queste criticità e attraverso un confronto tra tutti i soggetti del sistema sanitario e sociosanitario trovino le idonee soluzioni».
Agire l’accoglienza è il tema della Giornata del rifugiato 2023 ed è organizzata in collaborazione con il Movimento Umanità in ricerca, nato spontaneamente all’indomani della strage di migranti avvenuta a poche miglia dalle coste di Steccato di Cutro, il 26 febbraio di quest’anno.
Al Movimento aderiscono AGESCI Zona Reventino, ARCI APS Lamezia Terme/Vibo Valentia, Arci APS Servizio civile Lamezia Terme/Vibo Valentia, Azione Cattolica Diocesi di Lamezia Terme, Associazione Comunità
Progetto Sud (SAI Ordinari e Minori Lamezia Terme – SAI Ordinari Miglierina), Movimento ICICA, InRete
Cooperativa Sociale (SAI Ordinari e Minori Lamezia Terme – SAI Ordinari Miglierina), Associazione Mago
Merlino, MASCI Zona Reventino, Open Space APS, Pax Christi-Punto Pace Lamezia Terme, Progetto Policoro Diocesi di Lamezia Terme, Fondazione Trame.
ed è proprio all’ interno del Trame Festival dei libri sulle mafie che si inserisce l’iniziativa di quest’anno che si svolgerà in piazzetta San Domenico dalle 0re 19.30
prenderanno parola:
Don Giacomo Panizza | Comunità Progetto Sud
Hafsa Abdulahi | testimonianza
Giulia Cicoli | Still I Rise
Silvio Messinetti e Claudio Dionesalvi | Il Manifesto moderati da
Valentina Stella e i giovani della città.
a seguire
LIVE PAINTING
a cura del Movimento ICICA
INTRATTENIMENTO MUSICALE CON:
Nimby e Nicholas Gaisie Princewil
In Calabria la due giorni nazionale di programmazione per le politiche a contrasto delle dipendenze
LAMEZIA TERME – COSENZA | venerdì 9 e sabato 10 GIUGNO 2023
Parte da Lamezia Terme la due giorni nazionale di programmazione per le politiche a contrasto delle dipendenze, in occasione della trentaseiesima giornata mondiale di lotta alla droga.
Primo appuntamento l’assemblea annuale di Intercear (coordinamento nazionale dei coordinamenti regionali dei servizi privati che si occupano di dipendenze), che si terrà venerdì 9 giugno 2023, nella sala convegni della Scuola del Sociale della Comunità Progetto Sud (Via del Progresso 472 c/o Oasi Bartolomea) coordinata dal Crea Calabria (Coordinamento Regionale Enti Accreditati).
«Appuntamento annuale – dice RobertoGatto, coordinatore regionale CREA e responsabile dell’area dipendenze di Comunità Progetto Sud– utile a fare il punto sui sistemi regionali e nazionali dei servizi che hanno il compito di rispondere ai bisogni, vecchi e nuovi ,legati al complesso mondo delle dipendenze». «L’assemblea , che nasce in un contesto italiano, – continua Gatto – all’ indomani della Conferenza Nazionale che si è tenuta a Genova a Novembre 2022, ha l’obiettivo di stimolare le politiche regionali all’adeguamento del sistema dei servizi che riguardano appunto le dipendenze, in un quadro sostanzialmente mutato e mutevole che ci pone di fronte a nuove sfide sociali: pensiamo alle azzardopatie o alla Dipendenza da Social Media o Social Media Addiction».
Un tema caldo che trova posto nell’ agenda politica nazionale e regionale, dal dipartimento Nazionale delle politiche antidroga presso la presidenza del Consiglio dei ministri all’attenzione della Regione Calabria che di recente ha nominato referente Politica del presidente Occhiuto, l’On. Pasqualina Straface, quale presidente della Terza Commissione Sanità del consiglio Regionale.
Seconda tappa Cosenza, Capitale Italiana del Volontariato 2023, sabato 10 giugno a partire dalle ore 9:00 con il convegno: Includere per non escludere, percorsi comunitari e di comunità: il sistema dei servizi alla sfida del futuro, che si terrà nella Sala degli Specchi della provincia di Cosenza (Piazza XV Settembre) organizzato da Intercear in collaborazione con CNCA, (Coordinamento nazionale comunità accoglienti) e FICT (Federazione italiana comunità Terapeutiche) e con il Dipartimento Nazionale per le politiche Antidroga della presidenza del consiglio dei ministri.
Includere per non escludere, percorsi comunitari e di comunità: il sistema dei servizi alla sfida del futuro Cosenza , 10 giugno 2022
PROGRAMMA (File in allegato)
Il convegno dopo i saluti istituzionale del presidente della Regione Calabria On. Roberto Occhiuto, dell’On. Pasqualina Straface, presidente della Terza Commissione del Consiglio Regionale, della presidente della provincia di Cosenza Rosaria Succurro, del Sindaco di Cosenza Franz Caruso e di S.E. Mons. Giovanni Checchinato arcivescovo di Cosenza, prevede gli interventi dei presidenti degli enti organizzatori e di alcuni rappresentanti delle principali società scientifiche che si occupano di dipendenze.
Le relazioni principali saranno tenute da Biagio Sciortino presidente Intercear, Luciano Squillace presidente Fict e Caterina Pozzi presidente del CNCA.
A fine mattinata ci saranno gli interventi istituzionale con una forte partecipazione del Governo con le relazioni di:
On. MARIA Teresa Bellucci, Viceministro del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali “Integrazione socio sanitaria e budget di salute”;
Marcello Gemmato Sottosegretario di stato con delega al ministero della Salute “ Il valore della libertà insito nella salute”;
On. Paola Frassinetti, Sottosegretario di stato con delega al Ministero dell’istruzione e del Merito “ Insegnare a prevenire: oggi, per domani”;
On. Wanda Ferro Sottosegretario di stato con delega al Ministero dell’Interno ”Prevenzione e sistema dei servizi”;
Le conclusioni sono affidate all’On. Alfredo Mantovano, Sottosegretario di stato con delega alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Sistema si Sicurezza e Informazione e al Dipartimento Politiche Antidroga.
L’Unione Europea, soggetto istituzionale unico nel suo genere, nacque da una necessità postbellica, anche se l’idea di Europa unita affonda le radici nella storia e, in particolare, nell’800 romantico e risorgimentale.
Il Novecento è stato il secolo che ha voluto fortemente e realizzato l’Europa Unita, ma anche quello che ha vissuto la più grande esasperazione di nazionalismo, di frantumazioni, di macerie lasciate negli Stati dalle dittature e dalla guerra
Quelli che oggi chiamiamo “Padri dell’Europa” gettarono le basi per l’unione dei Paesi, puntando alla pace, al dialogo, alla cooperazione.
Il desiderio di stare insieme, da parte degli Stati, aveva la ragione d’essere nell’allontanare il pericolo della guerra sulle ferite dei nefasti totalitarismi e costruire la pace. Pace che è stata garantita in tutti questi decenni, malgrado tutto.
Ma l’dea originaria, prima dei trattati tra Stati fondatori, era più organica, più definita. Si voleva un’Europa unita come stato federale.
Il manifesto di Ventotene per un’“Europa libera e unita”, pubblicato nel 1944 da Eugenio Colorni e scritto durante il confino nell’isola tirrenica da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Ursula Hirschmann, guardava ad un organismo unico federale, con un Parlamento eletto a suffragio universale e un governo dell’Unione.
I Paesi europei hanno attuato solo in parte lo spirito del Manifesto di Spinelli, ma anche degli altri primi europeisti che guardavano con speranza all’Unione pur con connotazioni e formazioni diverse, da De Gasperi a Jean Monnet, da Schuman a Bech, Konrad Adenauer, Spaak.
L’altra necessità, alla base dell’accelerazione del processo europeista, era rappresentata dal carbone. Allora come oggi, l’energia!
Aieta (CS), Palazzo Rinascintale, facciata ph Maria Pia Tucci
Il dialogo pacifico tra Nazioni trovava la base principalmente nella convergenza degli interessi economici. Lo comprese bene Robert Schuman, il quale insieme ad un altro francese, Jean Monnet, elaborò un Piano che prevedeva il controllo condiviso del carbone e dell’acciaio, materiali fondamentali per l’industria bellica.
Ma prima che si arrivasse ai Trattati di Roma del 25 marzo 1957 al carbone si legava tristemente una immane tragedia: il disastro di Marcinelle. L’8 agosto 1956, l’incendio nella miniera di Bois du Cazier causò la morte di 262 operai, in gran parte emigrati italiani.
Una pace, quindi, basata su fondamenti concreti, giuridici ed economici.
L’Europa di oggi è figlia sicuramente di piccoli e grandi passi compiuti negli ultimi decenni, di politiche degli Stati membri, di dialogo cresciuto soprattutto dopo la caduta del Muro di Berlino (1989) che ha condotto ad una nuova consapevolezza sull’integrazione europea, passando dai trattati di Maastricht (1992) e di Lisbona (2007).
Ma, anche se concreti, i passi sono sempre timidi e frutto di prudenza e compromessi.
È evidente che la crisi di governance e di incisività delle politiche di oggi, mette in risalto questo grande limite e favorisce gli egoismi e le pretese degli Stati.
L’aspirazione ideale è alla base, ma occorre un’organizzazione politica e di governo autorevole. La guerra in Ucraina fa avvertire ancora più forte questa necessità.
Oggi l’Unione Europea va rivista e rafforzata, trovando e sostenendo le ragioni dello stare insieme.
Dal 1957, dai Trattati di Roma ad oggi, il percorso è stato sicuramente di crescita e ampliamento geografico-politico, di inconfutabili progressi culturali e sociali, ma troppo lenti e deboli sono stati i passi avanti nel campo delle politiche e del cammino verso una Unione più completa e determinante a livello internazionale.
L’Europa deve ripartire dal Mediterraneo (all’origine del mito e del sogno europeo), dai valori fondanti, e poggiare su ciò che di valido ha costruito nei suoi primi 60 anni di vita: i giovani, la conoscenza, l’apertura delle frontiere fisiche e mentali, l’esperienza della generazione-Erasmus. La forza può risiedere nella nuova consapevolezza, nel senso di appartenenza dei nuovi cittadini europei.
Aieta (C) Patio del Palazzo Rinascimentale ph Maria Pia Tucci
A ciò si contribuisce puntando sui giovani e sulla cultura, come fa, dal 2011, il Laboratorio di Pensiero “Giornate d’Europa” che, ogni anno, nelle sale del solenne Palazzo Rinascimentale di Aieta, affronta le tematiche europee per diffondere la cultura europeista. Al centro una convinzione ormai consolidata: l’Europa sopravvive e si rafforza se riparte dai giovani e dalla cultura, dai popoli e dalle diversità.
La conoscenza può contribuire concretamente alla costruzione della nuova Europa basata sulla coesione e sulla solidarietà concreta, oltre i numeri.
*Gennaro Cosentino è giornalista Rai, Caporedattore TgR Basilicata.
Foto in evidenza di Maria Pia Tucci: Salone del Palazzo Rinascimentale di Aieta, Giornate d’Europa 2019
Let’s improve together! È un progetto KA1 Erasmus + che sta consentendo ad alcuni operatori di Comunità Progetto Sud la realizzazione di un’esperienza di job shadowing: incontri di formazione e apprendimento in Europa.
Una strada inclusiva e formativa fatta di viaggi e aspettative e di un bagaglio di andata e ritorno che apre alla condivisione di esperienze utili e importanti.
Più stazioni di viaggio, città di approdo diverse e diversi ambiti di lavoro sociale, ma tutti elementi che mettono in circolo idee e consapevolezze: la prima fra tutte che l’Europa concepita nella libera circolazione e nella condivisione di buone pratiche è uno di quei fattori fondamentali della modernità.
Le esperienze fin qui vissute hanno visto una geografia variabile e straordinaria: dall’esperienza in Portogallo, tra Lisbona e Porto, di Maria Elena Godino e Hafsa Houmairi, responsabili di progetti a sostegno di donne e minori, che a contatto con APAV Portugese Association for victim, hanno messo in rete strumenti e metodi per ampliare la visione del proprio ambito di lavoro.
«Abbiamo avuto l’opportunità di raccontare il nostro lavoro svolto in Comunità Progetto Sud e organizzato un meeting con la professoressa Giovanna Vingelli, ricercatrice in studi di gender all’Università della Calabria – Dipartimento di Scienze politiche e sociali».
E poi la Grecia, esplorata da Marisa Meduri e Michela Vottari, progettiste della Scuola del Sociale di Comunità Progetto Sud.
« Siamo andate a Larissa, città a Nord della Grecia, – raccontano – nella sede di Hive Innovation, una società di progettazione molto giovane (tre anni di attività). Siamo state accolte, con una gentilezza tutta mediterranea da Spiros Voulgaris, socio fondatore di Hive Innovation e da Yannis Tsoutsas. Con lo staff abbiamo approfondito e messo a segno quello che era il nostro obiettivo: ragionare insieme e confrontarci su una efficace progettazione europea, da quella più semplice, alle call più complicate, come Horizon etc.».
Giorni intensi anche per Serena Praticò, Aldo Ferrara e Ousman Jaiteh, partiti da Lamezia alla volta di Belgrado.
Serena, Aldo e Ousnman, sono parte del gruppo di lavoro che segue da vicino gli interventi sociali per le migrazioni di Comunità Progetto Sud.
Il contatto in Serbia è con Jesuit Refugee Service Serbia.
Il loro racconto è fatto di itinerari sociali e workshop.
«Accompagnati da un operatore di JRS Serbia, – dicono – abbiamo visitato l’infopark di Belgrado. Qui differenti organizzazioni si occupano di offrire informazioni, workshop, servizi di ristoro e aggregazione per le persone che attraversano la rotta balcanica e sono temporaneamente ospiti nei pressi della città. Abbiamo anche visitato appartamenti che ospitano e supportano i neomaggiorenni che stanno proseguendo percorsi di studi».
«Questo confronto ci ha permesso di interagire e trovare punti di contatto con il lavoro che svolgiamo in Calabria, – concludono Serena, Aldo e Ousman – a Lamezia Terme, ma anche verificare nuovi approcci e lasciare loro un pezzo della nostra esperienza».
Sabato 6 maggio, alle ore 10.30, avrà luogo il sit-in in memoria di Maria Chindamo intitolato “Dalle Terre di Maria i Colori della Rinascita”.
Come ogni anno, proprio lo stesso giorno della scomparsa, si rinnova un impegno e un appuntamento, davanti all’azienda dove Maria è scomparsa, in contrada Montalto, a Limbadi.
Il sit-in vedrà la partecipazione di scuole, di associazioni, di istituzioni e di singole cittadine e cittadini che hanno scelto di condividere la richiesta di verità e di giustizia della famiglia. Presenzieranno l’evento Autorità e Rappresentanti di Istituzioni. L’iniziativa è promossa da: Agape, Comitato “Controlliamo Noi Le Terre Di Maria”,
Libera, Penelope Italia Odv, GOEL – Gruppo Cooperativo e Comunità Progetto Sud promotori, insieme, di GOEL Bio.
Tra i partecipanti, il sottosegretario di Stato all’Interno Wanda Ferro.
Interverranno Vincenzo Linarello e don Giacomo Panizza in rappresentanza, rispettivamente, di GOEL – Gruppo Cooperativo e di Comunità progetto Sud promotori insieme, di GOEL Bio.
GOEL Bio con apposito provvedimento del Tribunale di Palmi è stato nominato “curatore della scomparsa Maria Chindamo” con riferimento alla sua azienda agricola.
Presente anche fratel Stefano Caria in qualità di segretario della Commissione regionale per la pastorale sociale e del lavoro.
L’azienda di Maria, unitamente a quella di suo fratello Vincenzo, era già divenuta socia di GOEL Bio alla fine del 2021. Questo rappresenta però un passo in avanti ancora più importante, in quanto la Camera di Consiglio della Sezione Civile del Tribunale di Palmi, su istanza dei figli di Maria e del fratello Vincenzo, ha deciso di nominare curatore proprio GOEL Bio, la cooperativa agricola e impresa sociale espressione di GOEL – Gruppo Cooperativo e di Comunità Progetto Sud.
Se la ‘ndrangheta voleva controllare le terre di Maria questo evento ribadisce ancora una volta il miserabile fallimento di questo presunto intento. GOEL – Gruppo Cooperativo e Comunità Progetto Sud sono schierati senza mezzi termini al fianco di Vincenzo e dei figli di Maria, nell’intento di trasformare l’atto infame e disonorato della ‘ndrangheta in una potente testimonianza di libertà rivolta a tutti i Calabresi.
«Siamo soddisfatti per l’affidamento- dichiara Vincenzo Chindamo – dell’azienda di Maria a GOEL Bio. Vediamo nella proposta di GOEL – Gruppo Cooperativo e di Comunità Progetto Sud un’anima imprenditoriale, antimafia, etica, giusta ed efficace. Apprezziamo il dono della gratuità della curatela nella ripartenza della nuova gestione,
segno di affetto e vicinanza ai figli di Maria».
Ad accompagnare la giornata lo spettacolo musicale della cantautrice e cantastorie Francesca Prestia.
Il tema del sit-in è “donne e lavoro: un binomio per il riscatto delle terre di Calabria”. Maria era un’imprenditrice che ha offerto una testimonianza di coraggio e di libertà che non ha piegato la testa nemmeno di fronte alla ‘ndrangheta. L’emancipazione femminile, il lavoro, l’imprenditoria sana e libera, rappresentano vie di futuro da cui la Calabria non può prescindere.
Donare il 5×1000 a Comunità Progetto Sud è facile!
NEL MODULO DELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI (730, CUD, UNICO) TROVI IL RIQUADRO PER LA“SCELTA PER LA DESTINAZIONE DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF”.
Puoi firmare e inserire il codice fiscale di Comunità Progetto Sud 92001590790 nello spazio dedicato al “Sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale ecc”. Puoi donare il 5×1000 anche senza presentare la dichiarazione dei redditi.
Per farlo basta recarsi presso un ufficio postale o un CAF.
L’ALLEGATO UNICO PER LA DONAZIONE DEL TUO 5X1000
può essere consegnato ad uno dei seguenti soggetti:
un ufficio postale (servizio gratuito)
a un intermediario abilitato alla trasmissione telematica (professionista, Caf, ecc.) il quale ha facoltà di accettare o meno la scheda e può chiedere un compenso per il servizio;
direttamente attraverso i servizi telematici dell’Agenzia (se personalmente abilitati).
La busta da utilizzare per la presentazione della scheda deve riportare la seguente indicazione “Scheda per la scelta della destinazione del 5 per mille dell’IRPEF”, il proprio nome, cognome e codice fiscale.
COSA FARE PER DONARE IL 5X1000?
Per destinare il proprio 5 per mille è necessario porre la propria firma in uno dei sette riquadri che figurano sui modelli di dichiarazione e scrivere il codice fiscale di Comunità Progetto Sud 92001590790.
“Libertà” è una delle parole di cui si è fatto e si fa più uso, dandole significati non sempre tra loro coerenti. Parliamo di libertà soprattutto pensando alla politica, ai governi repressivi di tante libertà individuali e di gruppo, per esempio quelle di associazione; ai governi autoritari che possono talvolta essere anche decisamente reazionari e fascisti; e a sistemi di controllo eccessivi, anche in paesi a governo democratico, degli individui e dei gruppi, sistemi che assumono spesso aspetti decisamente polizieschi.
Nei paesi più tolleranti e democratici oggi si pensa piuttosto alle libertà sessuali – vedi gli Usa dove, per esempio, ha da sempre gran voga presso una parte della popolazione l’idea di una libertà riservata al gruppo sociale o etnico dominante. Ci si spinge, negli Usa, sino alla libertà di possedere e usare armi per la difesa personale e della proprietà, per far del male a chi non la pensa come noi; a chi, per un motivo o per un altro, chiede di più di quanto “il sistema” sia disposto a concedergli.
Il significato della parola libertà nel senso di poter godere della stessa libertà e delle stesse possibilità delle classi (o etnie, o ideologie) dominanti, e soprattutto della “libertà dal bisogno”, è molto meno diffuso di quanto non si dica, come tanti popoli del pianeta ben sanno, dopo più di due secoli da una Rivoluzione che predicava l’equivalenza di “libertà, uguaglianza e fraternità”, dando della libertà una visione nuova e aperta, nei suoi possibili e vari e necessari aspetti.
Dopo la seconda guerra mondiale, e anzi già nella lotta clandestina contro l’occupazione nazista, circolarono clandestinamente, in Francia ovviamente ma anche in Italia, e soprattutto oralmente, i versi di una poesia “d’occasione” di Paul Eluard intitolata appunto Libertà, di cui Ada Gobetti amava, ancora molti anni dopo, citare i versi che dicevano (cito a memoria) “e se fosse da rifare, rifarei lo stesso cammino”. C’era un po’ di retorica nei versi di Eluard, ma ben perdonabile!
La prima accezione della parola “libertà” era quella di libertà politica, di opinione, di raggruppamento, di progetto… Ma prima di Eluard già Voltaire ci metteva in guardia dall’evitare una retorica generica e superficiale, poiché, disse, “la mia libertà finisce dove comincia la tua”. Animale sociale per eccellenza, l’uomo, l’individuo, non può non tenere conto dell’ “altro”, di chi gli sta vicino e anche di chi gli sta meno vicino, di quello che da secoli chiamiamo “il prossimo”. Anche se non sempre nel significato che a questa parola danno i Vangeli…
Le difficoltà cominciano da qui, da questa “prossimità” e somiglianza, e da un’umana fragilità che ci porta ad atteggiamenti difensivi che possono facilmente diventare offensivi…
Se la mia libertà finisce dove comincia la tua, è necessario che ci siano leggi, e non importa se scritte o non scritte, che stabiliscano dei confini alla libertà dei singoli, e anche a quella dei gruppi uniti da interessi corporativi, che sono troppo spesso in conflitto con gli interessi di altri gruppi.
La soluzione? Rosa Luxemburg diceva: “O socialismo o barbarie”. L’attesa e la lotta per un mondo migliore, di giustizia e solidarietà tra gli umani e le altre specie viventi, animali e vegetali, è un sogno che ha le sue origini nel Vangelo e che solo può avverarsi nella solidarietà tra gli oppressi e nella (pur limitatissima) adesione di “chi più ha” a questo sogno: il sogno di una libertà diffusa, non egoistica e “capitalistica”, nel segno della solidarietà tra gli oppressi e con il vivente.
L’annuncio e l’attesa, e ovviamente l’azione per dar corpo a questi sommi ideali. La libertà è quella che “i ricchi” (i potenti) non concedono e per la quale occorre continuare a lottare, sempre, nei secoli; la libertà di essere uguali e solidali, e “liberati” dal bisogno e dalla violenza – anche da quella delle nostre passioni, del nostro malinteso individualismo.
Il lavoro del MEAN (MOVIMENTO EUROPEO DI AZIONE NON VIOLENTA) continua anche lontano dai riflettori, ma sempre vicino alle popolazioni colpite dalla guerra in Ucraina.
Un lavoro di presenza fisica e che non si ferma nelle proposte per la pace, che punta a «coinvolgere la società civile pacifista da un dibattito polarizzato sull’opportunità o meno dell’invio delle armi per farle ritrovare l’indispensabile unità di intenti e d’azione necessaria al cammino di una pace giusta», come scritto nell’ ultimo documento condiviso dalle oltre 100 associazioni in tutta Italia che fanno parte del movimento.
La Comunità Progetto Sud è tra le realtà che hanno fondato il MEAN e Don Giacomo Panizza, in questo ultimo anno si è recato più volte in Ucraina insieme agli altri rappresentanti del Movimento, incontrando sul posto i civili organizzati in associazioni e le istituzioni politiche e religiose, come anche inviando medicinali, cibo e abiti, costruendo là un Peace Village e accogliendo profughi qui in Italia.
villaggio della pace a Brovary (foto dal profilo facebook MEAN)
Nei prossimi giorni una delegazione MEAN si recherà a Strasburgo a parlare ai gruppi europarlamentari, è stata perciò attivata una raccolta firme per l’istituzione dei corpi civili di pace con il bagaglio di tre proposte condivise.
E anche dalla Calabria parte l’appello del MEAN, a diffonderlo è lo stesso don Giacomo Panizza «Siamo davanti ad una nuova proposta condivisa e che vogliamo sia sottoscritta e compresa da più persone possibili, – dice Panizza – perché non cadiamo nella trappola dell’indifferenza davanti ad un conflitto che continua a minacciare il cuore dell’Europa e non solo».
La prima delle tre proposte è la convocazione al più presto di una “Conferenza Europea sui criteri per la istituzione e per la operatività dei Corpi Civili di Pace Europei” con protagonisti i costruttori di pace sia istituzionali che non governativi (come del resto era nelle intenzioni di Alex Langer) con esperienze significative sul campo.
La seconda: è rivolta al Governo italiano perché rilanci e ridefinisca il concetto di Corpi civili di Pace nel nostro Paese uscendo dalla sperimentazione infinita in cui li si è confinati dal 2014 ad oggi.
La terza proposta è la convocazione di una “Marcia nonviolenta della fraternità e della pace” da farsi possibilmente entro l’estate 2023
La nostra prima proposta è la convocazione al più presto di una “Conferenza Europea sui criteri per la istituzione e per la operatività dei Corpi Civili di Pace Europei” con protagonisti i costruttori di pace sia istituzionali che non governativi (come del resto era nelle intenzioni di Alex Langer) con esperienze significative sul campo. Una conferenza promossa, in una città dell’Ucraina, da una Cabina di Regia formata da esponenti della società civile europea e presieduta da membri della società civile ucraina, alla quale gli esponenti delle istituzioni politiche a vari livelli sono invitati a partecipare prima di tutto come ascoltatori e poi come decisori, ovvero come interlocutori responsabili di risposte puntuali entro tempi definiti.
La scelta di un città ucraina come sede di un tale evento, così come la presidenza della iniziativa, sono anche simbolicamente un riconoscimento che con la propria lotta e la propria vita, questo popolo si è conquistato il titolo di primus inter pares nella famiglia europea e che nessun altro più di loro può esigere una svolta (o se si vuole una accelerazione) nella strutturazione del governo europeo, tale da renderlo sul serio portatore di una visione e di una strategia che assegni a questo continente il ruolo che, stante le tormentate lezioni della sua storia, gli spetta, e cioè quello di garante della gestione costruttiva di conflitti sia al proprio interno che a livello internazionale.
Aggiungiamo che la auspicabilità di una tale conferenza era già stata avanzata da ben due studi di fattibilità sui requisiti per il buon funzionamento dei CCPE, commissionati dalla Commissione Europea rispettivamente nel 2004 e 2005. Entrambe hanno sottolineato la centralità di professionisti “non statali”, reclutati da un gruppo dirigente che opera secondo procedure ad hoc, in grado di valorizzare i particolari punti di forza e di porre riparo alle specifiche criticità di ogni situazione di crisi nella sua unicità, e quindi con un approccio più di “animazione” di contesti di mutuo apprendimento che non di applicazione di piani predefiniti. Questa problematica è presente anche nel draft appena adottato dalla Commissione Esteri del Parlamento Europeo sulla “Implementazione della PCSD civile e altra assistenza civile dell’Ue in materia di sicurezza” che sarà all’ordine del giorno della seduta plenaria di maggio sottolineando che il progetto di CCPE dovrebbe costituire un ulteriore strumento a disposizione dell’Ue per un approccio integrato alla gestione civile delle crisi . Chiediamo al Consiglio di includere il progetto di CCPE nel nuovo Civilian CSDP Compact che sarà presentato a Maggio e al governo italiano, in particolare, di sostenere questa proposta.
Si tratta di osare pensare a livello europeo ad un organismo sulla gestione costruttiva dei conflitti come necessario complemento e pari dignità del corpo militare previsto dalla “Bussola” approvata dai ministri della difesa dei Paesi Ue nel marzo 2022 e che prevede entro il 2025 una forza di 5000 militari per il pronto intervento. Si tratta, per le istituzioni europee di riconoscere che come tutti i cambiamenti sistemici, anche questo, deve trovare fonte e impulso nelle dinamiche della società civile e in nuove forme di dialogo fra società civile e rappresentanze politiche.
SECONDA PROPOSTA
La seconda proposta è rivolta al Governo italiano perché rilanci e ridefinisca il concetto di Corpi civili di Pace nel nostro Paese uscendo dalla sperimentazione infinita in cui li si è confinati dal 2014 ad oggi. Dal 2014 a 31 dicembre 2022, l’Italia ha speso 190 miliardi di euro in Spesa Militare ma non è riuscita a spendere 9 milioni per sperimentazione Corpi Civili di Pace.
TERZA PROPOSTA
La Terza proposta è la convocazione di una “Marcia nonviolenta della fraternità e della pace” da farsi possibilmente entro l’estate 2023 come manifestazione nonviolenta conclusiva della Conferenza di cui alla Proposta 1.
Siamo consapevoli, come pacifisti europei, di non avere nel nostro dna, e nella nostra storia secolare, un cammino di liberazione dalle oppressioni basato sull’ahimsa e sul satyagraha di natura orientale, ma sulla nostra capacità di reagire in armi ed in solidarietà.
Dalla rivoluzione francese alla liberazione dal nazifascimo l’Europa civile si è sempre distinta per la sua capacità di sovvertire con la forza degli ultimi e degli oppressi le posizioni degli oppressori, fino a costituire ordinamenti sociali ed istituzionali sempre più democratici, egalitari e liberali.
Siamo altresì consapevoli di trovarci di fronte all’inedito di dover esercitare, per la prima volta dai trattati di Roma che hanno istituito la CECA e la CEE, la nostra “coscienza atomica”, la coscienza di un pacifismo attivo che ha il compito di scongiurare con ogni forza del cuore e dell’intelletto l’autodistruzione del nostro continente per mano delle potenze nucleari, potenze che sono visibilmente in gioco nello scenario attuale del conflitto ucraino.
La marcia dovrà essere la dimostrazione plastica della coscienza atomica degli europei e dovrà essere capace di coinvolgere migliaia di cittadini provenienti da tutti i paesi europei e guidata dalla società civile ucraina che in questo primo anno di guerra si è distinta non solo per la resistenza in armi, ma anche e soprattutto per le tante e quotidiane forme della resistenza nonviolenta all’invasione della Federazione Russa.
Essa dovrà avvenire sulla scorta degli insegnamenti gandhiani, del pensiero laico pacifista europeo e degli insegnamenti della recente dottrina sociale della Chiesa Cattolica così come delle dottrine pacifiste di tutte le religioni presenti nella nostra casa comune .
Di fronte all’escalation atomica della guerra in corso, nel cuore dell’Europa, ed all’assenza contingente di un esercito europeo, così come di un dispositivo già funzionante di Corpo Civile Europeo, chiamiamo tutti i costruttori di pace a formare una vera e propria catena umana di donne e uomini che si tengano per mano, mettendo in gioco i propri corpi per annunciare con la nostra presenza nei pressi del fronte ucraino il messaggio più semplice di sempre: l’unità di destino della comune umanità fra i popoli e l’annuncio di una vittoria che sia fondata su un nuovo patto tra gli europei e non sia umiliazione per nessuno.
Troviamoci noi abitanti del pianeta per ripensare l’assetto europeo e mondiale alla luce delle finora inedite garanzie di libertà e sicurezza, per gli ucraini e per i russi, per tutti i popoli e per ognuno di noi.
La marcia europea dovrà costituire una vera e propria catena di fratellanza che metta in primo piano, in prima pagina, chi ha diritto alla difesa di fronte alla aggressione, ma non ha niente a che vedere con i “signori della guerra”, da qualsiasi parte si collochino, e ha molto a che fare con le occasioni perdute di amore e creatività, provocate da ogni guerra.
Una Marcia non violenta che sia un evento di massa capace di far capire ai potenti che le persone comuni di Europa sono schierate contro la violenza nei conflitti e dica con forza ai governi che senza dare voce e ascolto alla società civile non sarà possibile oggi porre fine a nessuna guerra né costruire un mondo meno diseguale e più solidale.
Ci daremo un appuntamento in un giorno preciso alla frontiera polacca e guidati nell’organizzazione dalla società civile ucraina, usando pullman e treni speciali, raggiungeremo il confine di uno dei fronti di guerra (es. nei pressi di Kherson o di Backhmut) per manifestare il nostro dissenso alla guerra con la nostra presenza fisica, stanziando per almeno sette giorni nel luogo indicato, coadiuvati da strutture da campeggio per la permanenza in loco.
Foto in evidenza di Luca Daniele: Leopoli, MEAN, VIAGGIO DEL 24-26 OTTOBRE 2022
intervista a Marco Rossi-Doria, di Maria Pia Tucci
«Dopo vent’anni di assoluto disinvestimento sull’ infanzia, oggi ci sono i 19 miliardi del PNRR, una programmazione europea che incide positivamente sulle risorse a disposizione e 1miliardo e mezzo del Ministero dell’ Istruzione. Ecco, sarebbe necessario che queste risorse venissero indirizzate sulle relazioni virtuose messe in campo in questo ultimi 15 anni, riprendendo il bandolo della matassa e investire per contrastare le condizioni di povertà dei bambini, riuscire a coordinare il lavoro che già si fa, o almeno tenerlo in considerazione».
L’argomento su cui proviamo a fare un focus è la povertà educativa in Italia e le azioni di contrasto ad un fenomeno definito, dalla stessa Impresa sociale Con i Bambini, come un «arcipelago – fortemente differenziato al proprio interno – del fallimento formativo ed educativo concentrato lì dove ci sono bambini e ragazzi poveri».
In Italia oltre 1 milione e 400 mila minori vivono in povertà assoluta e altri 2,2 milioni sono in povertà relativa. Il dato generato dal numero di bambini poveri in modo assoluto e relativo insieme sono oltre un terzo di tutti i bambini e ragazzi: 3,2 milioni sul totale di 9,4.
Se fino al 2005 erano gli anziani le persone più indigenti, oggi invece la povertà assoluta aumenta al diminuire dell’età.
È questo l’ultimo dato disponibile, divulgato a fine anno 2022 dall’ Osservatorio #CONIBAMBINI, nato dalla collaborazione di Impresa sociale CON I BAMBINI e Openpolis per promuovere un dibattito sulla condizione dei minori in Italia, a partire dalle opportunità educative, culturali e sociali offerte.
Con questi numeri, la domanda iniziale, posta al presidente Rossi-Doria non può che essere cosa si può fare davanti ad un fenomeno di tale portata?
«È necessario mettere al centro la questione. Un terzo del nostro futuro che nessun Governo, nessun partito e nemmeno i media, mettono al primo posto. Questo perché c’è una grande rimozione a livello culturale e riusciamo a mettere al centro la questione solo davanti a eventi catastrofici. Con i numeri che si hanno difronte, come i fa a mettere in minoranza una questione così spinosa? E più che su cosa si può fare, punterei a dire cosa già si sta facendo».
Cosa si fa, dunque? E cosa si può rafforzare nel contrasto alla povertà educativa?
«Si fanno molte cose, e questo dobbiamo dirlo, ma non hanno un indirizzo politico. Le scuole, nonostante i molti tagli all’Istruzione rimangono un presidio fondamentale per i territori, soprattutto in quelli più a rischio. E poi c’è l’esercito civile di tutte le agenzie del Terzo settore, del civismo e del volontariato, che grazie ai patti di comunità, si possono considerare il secondo, fondamentale presidio, anche quando si lavora in maniera informale. I bambini e i ragazzi stessi, insieme al contesto, sono la comunità educante. Persone in crescita che vanno presi in considerazione come soggetti di diritto allo studio, essere motivati e accompagnati, con un percorso comune. Impresa Sociale con i bambini, dal 2016, anno in cui ci siamo costituiti, ha erogato 400milioni di Euro, coinvolgendo mezzo milione di bambini e ragazzi insieme alle loro famiglie. Ha messo in rete oltre 7.500 organizzazioni, tra Terzo settore, scuole, enti pubblici e privati rafforzando le “comunità educanti” dei territori. Di questo immenso cantiere c’è già una mappa che ci aiuta a definire e consolidare le pratiche più efficaci».
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